2015 in musica: L’indie ha ancora qualcosa da dire!

Il 2015 ci lascia in dote la solita corposa lista di buoni dischi, a cui è sempre più difficile fare una scrematura su cosa sia effettivamente sopra la media e cosa possa abbandonare la memoria dopo i primi distratti ascolti.
courtney barnett 2015Voglio spendere ancora due parole sul bellissimo esordio di Courtney Barnett, Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit (leggi recensione): un folk australiano sporchissimo e decisamente slacker, che conferma come la musica indipendente trovi oramai soltanto terreno fertile lontano dalle grandi scene inglesi o newyorkesi; un esordio sulla lunga distanza ruvido, poetico, ed ironico, rappresentando senza ombra di dubbio la più bella novità di quest’anno.
Da segnalare il gradito ritorno 2015 dei Blur con The Magic Whip, che tuttavia non aggiunge nulla di nuovo alla loro consolidata discografia, mentre l’ex Fleet Foxes, Father John Misty veste i panni del predicatore nell’interessante (ma non immediato) I Love You. Honeybear. Decisamente più accessibili (ma non per questo meno efficaci) le uscite di Sufjan Steven (l’iconico Carrie & Lowell) e l’eletto-lisergico Currents degli australiani Tame Impala; mentre il dream pop dei Beach House fa doppietta nel 2015: prima con Depression Cherry (leggi recensione) e poi il suo gemello spaiato Thank your Lucky Star, uno più bello dell’altro!
Tornano rabbiose in questo 2015 le Sleater-Kinney (in concomitanza con l’uscita delle memorie di Carrie Brownstein in Hunger Makes Me A Modern Girl), No Cities to Love è abrasivo come gli esordi, eppure maturo ed elegante nella forma; mentre per i palati fini e sofisticati Julia Holter piazza un disco tesissimo come Have You in My Wilderness. Sempre al femminile ricordo in ordine sparso l’esordio del folk malinconico di Julien Baker (Sprained Ankle), la riconferma di Katie Crutchfield (aka Waxahatchee) con lo struggente nineties di Ivy Tripp (leggi recensione), infine il nebuloso My Love is Cool dei Wolf Alice retto magnificamente da una voce da tenere d’occhio come quella di Ellie Rowsell.

In Italia la più bella sorpresa 2015 è L’Abitudine di Tornare di Carmen Consoli, che con arrangiamenti molto convincenti ed un songwriting fresco ed attuale fa intendere come la cantatessa abbia ancora molto da raccontare; nella media l’uscita in due volumi di Endkadenz dei Verdena che oramai si sono lasciati definitivamente alle spalle (dopo quindicianni di carriera) l’epiteto di Nirvana italiani; mentre Iosonouncane vince per distacco su tutte le altre uscite indipendenti con il sorprendente DIE; da segnalare il disco di Calcutta (Mainstream, leggi recensione) uscito il 30 novembre 2015 e probabile protagonista del prossimo freddo inverno musicale.

La Firma: Poisonheart

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