Shapes – Lstcat

Da Perugia, dapprima come progetto elettronico solista, poi ampliato ad una vera e propria band, i Lstcat giocano con synth e campionamenti vari come mormora la moda elettro-indie del momento, ma lo fanno senza tirare i dadi e saltando tutto il compartimento pop-generazionale, regalando così una proposta non solo originale, ma soprattutto personale.
Shapes LstcatShapes è un album d’esordio molto ambizioso, con una voglia cosciente di alzare l’asticella rispetto ai marmorei echi elettro-pop, approdando in regioni remote ove l’elettronica si fonde con una certa drammaticità del cantato. Il quintetto oltre ad un corposo ensemble di synth e diavolerie digitali, annovera anche una sensibile sezione ritmica, rinunciando quindi ad algide e -talvolta- poco elastiche evasioni da drum-machine , conferendo al proprio sound una componente imprevedibile e dotata di una propulsiva dinamica. Oltre ad una coltre minimale, piuttosto evidente già dalla cover-art del disco, i Lstcat virano spesso verso un’elettro-wave intelligente, con briciole melodiche non indifferenti, portando freschezza con l’uso sporadico di archi e di ritmi decisamente caldi e mediterranei. L’elettro-indie su cui solitamente posiamo l’orecchio viene quindi destrutturato con impegno, eliminando ripetitività e pressione, smussando gli spigoli di soluzioni digitali prevedibili, ammorbidendo il sound verso una sperimentazione lucida e che attinge più dal prog-rock che dall’ambient.

Nove bozzetti sonici intrisi di una melanchonia endemica, che sfocia -già nell’iniziale Rain Beat– in un essenziale viaggio tra elettronica nuda e cruda e dolci velleità pop soddisfatte volutamente in parte. Contrasti cromatici accesi che si fanno ancora più intensi, quando fanno capolino gli ululati del violino nella sofferta Verba, o con toni completamente diversi nella vivacità zingaresca di For Free, scelto come primo singolo di anticipazione a Shapes. Molto appetibile è la capacità dei Lstcat di tessere lente atmosfere cobalto (Air Cutter) che temporeggiano per spianare la strada brani più dinamici e ballabili, come ad esempio l’irrequieta Superboy, o l’eterea Babiel, nel quale tracce di un soul masticato per metà viene rincorso da cori soffusi e suoni dilatati e circolari. Una varietà musicale capace di coniugare l’intro di un pianoforte dimesso (come in Blut) con nebbie digitali che lentamente salgono dalle profondità per colorare di enfasi il brano successivo, Ocean’s Fear, delicato come il petalo di una rosa appena sbocciato («Can you hear to the sound of my lungs everytime I breathe?»). 

Sensibilità catturata a piene mani in Shapes, un disco pieno d’ispirazione che percorre contemporaneamente sia la strada più ripida dell’elettro-wave, sia quella soleggiate dell’indie-pop, senza che i due sentieri si incrocino. Una capacità compositiva interessante, regala buoni arrangiamenti ed una sottile tensione udibile anche nei momenti più apparentemente spensierati.
Con un bagaglio musicale così intenso ed ispirato, il futuro per i Lstcat ha solo l’imbarazzo della scelta su quale tema seguire …

Lstcat facebook

recensito da Poisonheart

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.