Perfettamente Inutile – I Pixel

Esistono molte cose a cui appiccicare l’etichetta di Perfettamente Inutile nella nostra vita quotidiana, se paragonate all’assoluto: da certe testarde spirali ideologiche, ai beni materiali senza distinzione alcuna, alla matassa artistica concettuale e mercificata della nostra epoca. I Pixel, le cui strade avevamo già incrociato nel 2016 con Mondo Vuoto (leggi recensione), giungono alla prova di maturità e al tanto agognato long-playing d’esordio con la naturalezza e la spontaneità di chi non ha nulla da perdere, imbastendo con sagacia un sound già apprezzato nei precedenti lavori, limandone appena gli angoli più acuti, ma senza venir meno alla propria identità musicale.
Perfettamente Inutile - I PixelPerfettamente Inutile si snocciola in nove brani di un indie-rock lontano dai riflettori a cui oramai il genere si è abituato, preferendo la coerenza ed una decisa volontà di non cedere alle lusinghe della ballata generazionale agrodolce e disillusa. Riff di chitarra graffianti ed una sezione ritmica dinamica ed autonoma, certificano la voglia de I Pixel di suonare prima di tutto, di colpire ed impressionare subito con la propria musica e solo poi arrivare all’ascoltatore tramite le liriche. Tracce di una certa decadenza post-punk erano già ben chiare sin dagli esordi, ed in questo disco non potevano che confermarsi, ma lo fa in una maniera non così prevedibile e che personalmente mi ha molto colpito: l’andatura delle melodie scorre diretta e lineare, eppure nell’aria aleggia quella malinconia di fondo tanto introspettiva quanto sincera e non costruita, vedasi l’apocalittica Nuovo Amore via Wi.Fi o il languore cristallizzato di Non so cosa voglio ma lo voglio adesso. I Pixel hanno sempre avuto un occhio di riguardo anche alla parte video nei loro lavori, ed anche in questo caso per il singolo di lancio, I Sogni degli Altri, la scelta semplice e geniale è quella di un mimo atipico che canta e che s’agita come un Ian Curtis ingenuo e redivivo, mentre la perentorietà del muro di mattoni sullo sfondo, contrasta con il dinamismo di Andrea Briselli e del suo cantato.

Tra le linee degli arrangiamenti, oltre ad una possente batteria (quasi dei colpi di cannone ben assestati da parte di Marco Curti), è il basso di Nicola Giannarelli a farsi onnipresente ed in prima piano negli incipit nebulosi (Punti di Vista) in cui spesso incappa Perfettamente Inutile; senza dimenticare le trame di chitarra sempre puntuali, abrasive eppure così eleganti di Alex Ferri.
Un disco che non risente di pause o ispirazioni che latitano nel vorrei ma non posso, nemmeno nella sua ricercata parte centrale, ove brani come Cuore di Scorta o Ha-Ha-Ha posseggono ispirazioni ed influenze che partono da lontano, alla wave più intelligente dei primi eighties. Interessante anche il contrasto di chitarre in Carosello, in un mood che ricorda le stranite atmosfere solitarie del progetto Temple of the Dog, mentre la title-track posizionata alla fine del disco assume quella carica celebrativa di cui si avvertiva -a questo punto- la necessità.

Perfettamente Inutile (per la sempre puntuale La Clinica Dischi) è un impietoso guardarsi allo specchio e dettare con voce suadente tutti i propri limiti e difetti, a partire dall’esigenza di fare arte ed a quelle velleità un tempo propulsione della cultura e della civiltà (L’arte è completamente inutile, beffeggiava nostalgico Oscar Wilde); giungendo mestamente ai giorni nostri per constatare che tutti questi immani sforzi (specie per una band indipendente) sono probabilmente vani, come una goccia colorata in un oceano immenso. Perfettamente inutile non cambierà quindi le sorti della musica indipendente italiana, ma questo I Pixel ne sono consapevoli, come cadrà nel dimenticatoio questa recensione, eppure è la passione che muove le cose, e seppur siano inutili e cocciuti questi sforzi, ci ricordano che siamo ancora vivi e che riusciamo a pensare ancora con la nostra dannata testa!

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recensito da Poisonheart

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