L’AB – Beatrice Antolini

C’è sempre stata una coerenza di fondo nelle composizioni di Beatrice Antolini, una coerenza che forse non sono capace ad imbrigliare con le parole in una delle molte (a talvolta inutili) recensioni. Sensazioni istintive, il gusto dell’estetica, una matassa di suoni tremolanti da ammaestrare: questo sarebbe un succinto epitaffio per quanto contenuto in L’AB, la rinascita artistica della talentuosa polistrumentista marchigiana, che passa attraverso La Tempesta Dischi.
Beatrice Antolini L'ABIn passato, ammetto di essere stato piuttosto cinico nell’ascoltare e commentare Vivid (2013), ma tale era la delusione dopo aver amato due lavori come Big Saloon e A Due da prendere il sopravvento rispetto alla ragione ed alla critica costruttiva. Tuttavia l’esperienza di Vivid è rintracciabile a tratti in alcuni passaggi (come trarre insegnamento dalle difficoltà) di L’AB, il cui vero titolo poteva fondersi senza troppi clamori con il brano Second Life. Poiché -senza ipocrisia, inutile nascondersi- nel Belpaese la musica di Beatrice Antolini non è stata mai pienamente compresa, né tantomeno approfondita, neanche dai molti critici musicali che oggi ne elogiano l’operato. Un rigenerarsi ed reinventarsi sotto nuova pelle, mantenendo il fiuto della Beatrice Antolini che aveva spiazzato tutti con le composizioni degli esordi. Superstite di un mercato discografico che pretende un certo linguaggio ruffiano e movenze studiate per raccogliere giovani masse attorno ad una vendibile etica indie, la Antolini ha rischiato di bruciarsi in un lungo letargo (meramente discografico!) che non ha per nulla intaccato vena compositiva e vocazione alla sperimentazione.
Recentemente inoltre è balzato alla cronaca il suo impiego come turnista nel tour estivo di Vasco Rossi, un diabolico patto con il mainstream, che semplicemente traduco come l’esigenza di misurarsi con musicisti di un altro calibro, per poterne ricavare nuovi stimoli per i futuri lavori, come già peraltro successo nel recente passato.

Quindi se l’attesa per questo nuovo album era guardinga e avvolta in un velo di scettica curiosità, è altrettanto sacrosanto come in L’AB le repentine giravolte sonore apprezzate in passato siano limate e lucidate per un edulcorato elettro-pop d’avanguardia, studiato nei minimi dettagli e soppesato ad ogni ascolto. A tratti forse lezioso e sospeso (Subba), quasi mai minimale (I’m feeling lonely), riconoscente dei passi da gigante rispetto gli esordi (Total Blank), sono nove tracce poliforme, incastrate concettualmente tra di loro per creare un autoritratto abbozzato, camaleontico e personale su cui avvolgere quella spessa seconda pelle della “ritrovata” vita artistica di Beatrice Antolini. L’entusiasmo vaudeville della giovinezza lascia spazio a veli di sabbatici di mistero e di un’inquietudine liquida invisibile ad occhio nudo come in What you Want, che soffia alacre sul viso ed intacca silenziosamente i polmoni. Riflessioni tra liriche decise e veggenti, che non ammettono contraddittori poiché frutto di elucubrazioni personali, come un atto di purificazione e meditazione autogeno, contro le scorie di una civiltà digitale, anonima, stilizzata.

Un mantra sottile bisbigliato in un loop dagli angoli vivi, così L’AB è il ritorno di Beatrice Antolini che tutti hanno elogiato e che in pochi hanno davvero capito. Una determinazione musicale che ha sempre spaventato un certa critica, poiché facente parte di un piano, di un progetto più alto, che non abbraccia solo la musica. Sono sinceramente grato a Beatrice Antolini che regala ancora dischi su cui bisogna sbatterci la testa e le orecchie per ore ed ore, per cercare di tirare fuori qualche parola che alla larga e vagamente ne riassuma le complesse e contrastanti impressioni che ho avuto!

Beatrice Antolini facebook

recensito da Poisonheart

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