Con colpevole ritardo, arrivano finalmente una manciata di parole per questa seconda uscita dell’accoppiata Davide Bianco + Fabio Cazzetta, (alias MinimAnimalist), all’insegna della continuità tra uno stoner secco ed acrilico e movenze rockeggianti e crunch: W.O.K. (via Xo La Factory) è un lavoro ruvido e camaleontico allo stesso tempo, che porta avanti con orgoglio la tradizione rock italica.
Nessuna appiccicosa bava indie con rime generazionali, nei MinimAnimalist sopravvive highlander la passione per il rock quello degli Agnelli, dei Capovilla, dei Canali (non a caso, nomi con cui il duo ha diviso orgogliosamente il palco); un disco scritto ed interpretato con quella matura disperazione che solo chi l’ha vissuta può capirla. L’urgenza si nasconde, si mimetizza tra distorsioni ibride, stop&go bucolici, vaneggiamenti psych controllati, eppure così ammiccanti da inserirsi alla perfezione in un tessuto sonoro, ove dinamica e melodia trovano un equilibrio che resiste ascolto dopo ascolto.
L’anima selvaggia dei MinimAnimalist non è solo insita nella premessa, ma si riconosce anche lungo le 11 tracce che compongono W.O.K., alternando momenti prettamente strumentali, ad altri ove la ballata rock assume sapori e sensazioni che provengono dalle viscere. Liriche personali immediatamente accanto ad osservazioni e considerazioni soppesate da un scrutatore esterno ed onnisciente: la retorica non trova terreno fertile, la ruffianeria tanto meno. L’essere indipendenti assume così la forma e la dimensione che avrebbe sempre dovuto avere, senza ricercare o creare proseliti, con la compostezza di emozioni troppo forti, troppo potenti da raccontare per essere capite lettera dopo lettera.
Un disco con zone d’ombra volute e cercate, dai toni blueseggianti di Maglione (manifesto di vita dei MinimAnimalist), al roboante intro della title-track, una sorta di ri-chiamata alle armi per tutti quei rocker che lungo il cammino si sono sopiti. Ingegner Giannino è la paradossale ed azzeccata metafora del tradimento d’oggi, tra una tecnologia avvolgente che c’imprigiona e la solita povera codardia maschile; interessante l’uso del fender rhodes (by Marco Ancona, che co-produce il disco) tra le trame di una batteria isterica ed una sei corde mai così penetrante. L’anomalia di W.O.K. arriva con la intricata e sofferta Hai già vinto, nel quale nell’oblio di onde baritone, le dinamiche amorose si fanno complesse, specie quando il superare i propri limiti come persona, diventa la sfida più difficile per salvaguardare (o salvare) una relazione; musicalmente ritmi e velocità salgono e scendono, come a seguire l’indecisione dei protagonisti cantanti nel brano.
Apici di emozioni personali che tornano ciclicamente, Povero me e Mi buttavo, con toni ed approcci diversi, soffrono di un conflitto interiore che non sa come sciogliersi, che riflette, s’abbatte, risale, medita sulla vita e sulle strane situazioni a cui siamo destinati a confrontarci. Se il lato minimale è più che soddisfatto, quello animale trova nelle strumentali Disturbo Tripolare o nella funkeggiante Giuda la propria ragione d’essere, senza risultare stucchevole o per ribaltamento, pomposamente machista.
A chiudere il disco Come si può, raffinata riflessione a tempi lenti, sulla convenienza e la valenza del sacrificio, quando questo non è sostenuto dall’altra controparte: temi seri e maturi, quindi difficilmente comprensibili ad un manipolo di giovani hipsters alle prese ancora con le (inutili) beghe generazionali.
W.O.K. è un lavoro ben strutturato, che alterna con sapienza momenti strumentali adrenalinici con istanze più riflessive, senza togliere il pedale dal distorsore e dal fuzz. I MinimAnimalist confezionano così la conferma di come il rock e le chitarre siano ancora mezzi efficaci per comunicare un disagio interiore, posticipando l’ennesimo epitaffio funebre di un genere e di un modo di fare musica. E di questi tempi ove l’independent ed il mainstream a volte si scambiano vestiti e lessico, non è da poco!
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recensito da Poisonheart