Tidal – Fiona Apple

You’ll say you understand, but you don’t understand
You’ll say you’d never give up seeing eye to eye
But “never” is a promise and you can’t afford to lie
Mi chiamo Camilla e racconto della musica che riposa nel fondo della mia anima … e la condivido con voi …

Life is tidal, love is tidal”: questa è una storia degli anni novanta, quando era ancora possibile che il talento cristallino di una 18enne venisse proiettato nello star-system e che questa vi si sottraesse progressivamente -rischiando persino di scomparire-, preferendo il dark side artistico alla fatua fama.
Fiona Apple è una delle migliori voci della fine del secolo scorso, potente e sensuale a discapito della scheletrica figura in mutandine che balenava confusa nel videoclip pluripremiato (diretto da Marek Romanek) di Criminal. Come alla ricerca disperata della nuova Tori Amos (Little Earthquakes dista solo una manciata di mesi) Fiona Apple si ritrova del 1994, neanche diciasettenne, con un contratto discografico con una major, pronta ad investire su quella che sembra essere una predestinata (il padre è attore e la madre è cantante) che nel 1996 darà alle stampe l’esordio più interessante di quell’anno: Tidal.
Tidal - Fiona AppleGrazie ad una vocalità e ad un’interpretazione dei brani che tocca la disperazione ed il calore del soul, la frizzantezza del jazz e la cupidigia del blues, Fiona Apple -accompagnata quasi sempre dal piano che suona dall’adolescenza- riscrive il songwriting femminile con compassata naturalezza ed incredibile forza d’animo, anticipata solo dalla dispotica Liz Phair e probabilmente ispirando Lauryn Hill nella scampagnata solista.
Certamente gli exploit di Alanis Morisette e Tori Amos, hanno “addomesticato” il pubblico medio alla ribalta di una schiera di ragazze terribili (non a caso, “Is that why they call me a sullen girl, sullen girl” tratto da Sullen Girl), le cui storie (tra abusi, disturbi alimentari ed una ribellione endemica) si somigliano pericolosamente come se fosse uno cupo scherzo del destino. Anche in Tidal riemerge un disagio appena sussurrato in testi emotivi e drammaticamente personali (“When well you know I’d be insane / To ever let that dirty game recapture me“), la cui natura esplicita non è necessariamente un “mettere in mostra”, piuttosto una maniera per stabilire un contatto umano con l’ascoltatore. Paure, ricordi, pezzi di adolescenza sono buttati in un calderone -spesso confuso e non del tutto somatizzato- figlio della stessa urgenza di comunicare della generazione grunge e delle loro icone che si sacrificarono -talvolta sino alla morte- all’altare della musica di massa. Un’attrazione-repulsione verso lo show-biz che porterà Fiona Apple a flirtare con il successo commerciale (Shadowboxer e Criminal sono tra i pezzi più passati per radio e tv) e contemporaneamente a ribellarsi alle loro regole stringenti. Un atteggiamento sofferto e forse a tratti viziato rispetto al successo (riassunto nella personalissima versione di Across the Universe, registrata per la soundtrack del film Pleasantville), che pregiudicherà la propria carriera dopo il clamore di Tidal.
L’album depurato dai singoli rompiclassifica già citati, è una carezza livida e sanguinante, 10 tracce in equilibrio tra delicatezza e remissione, con numerosi rimandi personali ed un ossessione verso il proprio corpo ed il dolore fisico: ad esempio in Sleep to Dream “This mind, this body and this voice cannot be stifled by your deviant ways” o ancora più palese in un intervista per Rolling Stone, quando Fiona Apple ammette: “E’ ovvio che io soffra di disturbi alimentari. Ogni ragazza americana ne soffre!“. Tranne che per alcune scelte troppo barocche (Slow Like Honey ad esempio), il disco anche nella sua seconda parte si fa notare per talento e grazia nella performance, con Never is a Promise miglior momento del lato B. Da segnalare anche l’eleganza di Pale September (e quell’accompagnamento al piano che la segue come un’ombra) e la soffusa Carrion che congeda l’ascoltatore con un soul tirato a lucido ed un pochino mainstream.

Manifesto di un female-songwriting potente e volitivo, Tidal e Fiona Apple soffrono lo stesso malessere: sottrarsi al show-biz o seguire il proprio talento e le proprie idee a discapito del gusto del pubblico. Fiona Apple sceglierà la seconda, sparendo nelle classifiche di vendita, ma arricchendo quelle dei fini intenditori di musica.

recensito da Camilla

 

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