Charles Wallace and his Friends from Outer Space – Charles Wallace

Credo che il folk, ridotto alla sua essenza, sia imbracciare una chitarra da strimpellare e buttarci dentro qualche verso, quelli che vengono da dentro, chissaddove, ma sicuramente da dentro: probabilmente l’approccio naturale che Charles Wallace ha messo nel suo esordio lungo per Pipapop Records.

Charles Wallace and his friends from outer spaceCharles Wallace and his Friends from Outer Space prende infatti origini dal folk di cui il giovane si è sempre contraddistinto sin dagli esordi solisti e nei vari progetti in cui è coinvolto (vedasi il psych-folk de La Mela); un songwriting confidenziale ed emotivo, che spazia in lungo in largo tra personaggi di fantasia, situazioni al limite del grottesco e pensieri sparsi catturati ed imbrigliati in poche parole. Il carattere intimista, tuttavia, incontra uno spirito indipendente ben radicato, una creatività dirompente ed a volte difficile da razionalizzare in una forma canzone, un atteggiamento lo-fi verso il suono che non nasce dallo status indie, ma piuttosto diventa la prima esigenza per chi compone di getto e poi lascia tutto là da qualche parte. Inquadrato in questa sua dimensione sospesa e sognante, Charles Wallace (assieme alla co-produzione di Capitano Merletti e di Dnezzar) distribuisce emozioni livide, giri di chitarra semplici ma penetranti, una buona sensazione di melodia, e soprattutto, ricchissime influenze che sfiorano psichedelie varie e multiformi (su tutte The Left Hand of the Devil), conati rockeggianti (forse il maestro Neil Young, forse no!) ed istinti pop a bassa fedeltà. Una sorta di Will Toledo (Car Seat Headrest) dalle inclinazioni seventies, profondo come un apprendista cantautore, disimpegnato come un sognatore di versi e di parole: Charles Wallace in questo disco mostra doti naturali, briciole di predestinazione, sensibilità per la musica e tanta empatia.

Gli arpeggi delicati e sostenuti di Fools Bayou impregnano l’atmosfera di una nostalgia naturale, tra insenature pop e richiami chiaramente folk, eppure il disco si evolve e cambia forma di brano in brano; così si passa da un twee-pop leggiadro (Roller Coaster Baby) e ruvide scariche lo-fi dall’ironia sprezzante (Ultimate Guide to Happiness), passando per viscidi echi slide nel soft-country di Mary Jane Sea Cruise. Difficile in questo calderone di idee ed invettive, razionalizzare la musica di Charles Wallace, eppure ciascuna ballata ha una propria e rigida identità, che rifiuta orgogliosamente di mescolarsi alle altre -tra  la dolcezza di Wrong e la lunga nenia di Mary Jane Sea Shore, s’inserisce l’aspro ed etereo cantato di  Hungy Hearted Woman-, mantenendo in primis unicità ed approccio originale, delineando pure una sottile idiosincrasia nel scendere a compromessi

Come dieci piccoli mattoni, Charles Wallace and his Friends from Outer Space si costruisce una solidità nel quale la varietà e la creatività supera il concetto di stile e genere, orientando l’operato di Charles Wallace verso la ricerca di una musica totale che possa fondere lo spirito diretto e parlato del folk, con l’immediatezza della musica indipendente e lo-fi. Il catalogo Pipapop Records indugia -a ragione- su un venetian lo-folk dalle mille sfaccettature, tra risacche psych e dolci ballate voce&chitarra, fungendo da punto di ritrovo di tutte queste giovani avanguardie – di cui Charles Wallace ne riassume le istanze-nostalgicamente seventies ed eticamente lo-fi.

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recensito da Poisonheart

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