Loco Sunset Boulevard / Ghetto Blast Noise Machine – Onceweresixty

Trasuda di anni Novanta – e non potrebbe essere altrimenti- il nuovo album dei vicentini Onceweresixty, in uscita per le etichette “confinanti” Uglydogs e Beautiful Losers, già importanti punti di riferimento per la musica indipendente dei colli veneti e non solo. Loco Sunset Boulevard / Ghetto Blast Noise Machine è un curioso doppio EP, come di quelli che non si fanno più, che mescola un arguto e pungente lo-fi d’ispirazione malkmusiana, con liriche frastagliate tra il laconico e l’irriverente (Loco Sunset Boulevard), assieme a lussureggianti ballads con venature psych e succose trame synth (Ghetto Blast Noise Machine).

Loco Sunset Boulevard  Ghetto Blast Noise Machine - OnceweresixtyMarco Lorenzoni, Luca Sella ed Enrico Grando registrano questi nove brani nella solenne cornice della Villa Albrizzi Marini del XV secolo, riqualificata a centro culturale e sala prove (la famigerata VAMPires Room), in una sorta di piccola Factory warholiana in pieno stile do-it-yourself, come ricordano -non senza ilarità- gli stessi Onceweresixty. Un doppio EP nato istintivamente tra quelle mura, ma che in realtà sugella un flusso di coscienza che raccoglie pensieri, briciole, scorie e ragionamenti che partono da lontano, confrontandosi, in qualche occasione, con la perentorietà di un presente chiuso in se stesso. Tra riff di chitarra scarni ed una ritmica essenziale e rotonda, in entrambe le facce del disco risale in sordina un senso di solitudine e malinconia, intervallata da puntuali e liberatori riferimenti no-sense in pieno stile slacker, che ne spezzano la cupa tensione. 
Loco Sunset Boulevard apre con il singolo Don’t Get Stuck, che con quel suo sottile spleen di provincia non sfigurerebbe affatto come b-side di Slanted and Enchanted, seguono le vivaci movenze di Running e il piccolo inno Weird Times, nel quale il retaggio della teenage-angst degli anni Novanta si cristallizza trent’anni dopo sotto forma di una languida e disincantata visione adulta delle cose. Un umore aspro e critico che ritorna con convinzione in Back in the Days, prima di chiudere Loco Sunset Boulevard con l’omonimo strumentale, suggello di un lo-fi pungente ed autorevole, che nonostante i riferimenti ai Nineties, non passa mai di moda.
Ghetto Blast Noise Machine invece riprende il discorso iniziato con l’itinerante The Flood (leggi recensione), nel quale i Onceweresixty si abbandonavano a sonorità decisamente Sixties, con timide concessioni alla psichedelia. Pills e All That Glitter -rispettivamente in apertura e chiusura del “secondo” EP- sono lunghe e caleidoscopiche cavalcate di sfumature, impressioni e sogni, con synth e sax protagonisti di cambi di direzione e contrappunti notevoli. Nel mezzo, la tensione di Into Town, che regala uno dei testi più intensi dell’album tra l’innocenza perduta e la stasi della provincia, segue l’immancabile ballatona folk di Consequence of Capitalism è suadente e viscida allo stessa, ricordandoci con sagace realismo le “leggi” del mondo in cui viviamo.

Al di là del formato inconsueto, con Loco Sunset Boulevard / Ghetto Blast Noise Machine i Onceweresixty nel loro compatto e ben rodato trio d’assalto, offrono una tavolozza sonora ampia e variegata che copre almeno tre decadi: ponte ideale tra un elaborato e colorato indie-folk d’ispirazione Sixties ed un pragmatico e scapigliato lo-fi da camicia a quadri. 

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recensito da Poisonheart

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