Kaptain Preemo – Kaptain Preemo

Forse sarà solo una mia impressione, ma la tendenza verso la riscoperta di un psych-rock di pasta indipendente sembra vedere interessanti spiragli di luce; la conferma arriva stavolta dai dintorni di Parma con il progetto Kaptain Preemo.
Kaptain Preemo coverTuttavia etichettare la musica di questo quartetto con il solo “psichedelico” è sicuramente riduttivo, trovando nel corso dell’ascolto dell’omonimo esordio per la Retrovox Records, tracce consistenti di un garage primitivo e soprattutto di un rock ‘n’ roll glitterato alla New York Dolls. Il nucleo primigenio dei Kaptain Preemo nasce nel 2014 con Luke Zammarchi alla chitarra e Frank Fedi al basso, trovando poi nelle spaziali melodie di sei corde di Mek Spazio, la definitiva svolta sixties, completato dalle percussioni della “vampiresca” Becky Sahira. Le vibrazioni lisergiche ed esoteriche sono davvero parte portante sia della composizione che degli arrangiamenti, perseverando sin da subito con questo spirito ed intento, senza in alcun modo cercare di “aggiustare” il sound verso derive hippies 2.0. Otto tracce compatte, legate tra loro da sensazioni decisamente anacronistiche che si rifanno allo zoccolo duro della tradizione psichedelica che al recente revival riportato in auge grazie ai Brian Jonestown Massacre o agli ultimi Tame Impala, tante per citare dei nomi. Tracce degli Stooges periodo Funhouse, emergono grazie alla ruvidezza delle chitarre ed al ritmo martellante delle percussioni (I’m gonna Save your Bobby): volteggiano sopra le nostre teste echi dilatati ed acidi che si mantengono pressoché costanti anche quando i Kaptain Preemo virano su soluzioni più rock ‘n’ roll.

L’intro è il manifesto programmatico del disco, un minuto e spiccioli di vaneggiamenti psych che si allacciano naturalmente alla traccia successiva, quella I’ve never sold my soul to Satan, che con qualche gallone di ironia sminuisce miti e credenze che vogliono il rock psichedelico flirtare con lati spirituali piuttosto spicci e banali. L’andatura di un basso pernicioso regala un perfetto rhythm ‘n’ blues, nel quale le frasi di chitarra bucano il tessuto sonoro per poi rientrare immediatamente; senza esagerare in effetti reverb o wah-wah buttati alla rinfusa, i Kaptain Preemo dosano volumi e fantasie sperimentali in un formato canzone assimilabile e piacevole. In Cosmic Plastic Lady questo lavoro di composizione riesce meglio e definitivo: un mid-tempo ondeggiante si abbandona ai cori di un cantato celebrativo e mistico, trovando nei cambi di tempo precisi quella dinamica che spezza la sognante nenia iniziale. Cercare nell’esperienza lisergica e spirituale le risposte per la malattia di quest’epoca può rappresentare un magico azzardo, tuttavia il vizietto di andare verso l’other side è tenuto a freno da un’ilarità serpeggiante e spesso in chiaro scuro. Belle le discese ululate in Who’s Who o la lente adrenalina che emerge in Drugs are Working, omaggiando in un sol boccone la controcultura, da Timothy Leary fino alle palesi contraddizioni della generazione flower-power, che ha visto progressivamente ridimensionati i propri ideali ed utopie.

Sul finire del disco, interessante la trance richardsiana in Magick Hangover, costipata ad un azzeccato riff trainante e la caleidoscopica Diamond Share, che si lascia pervadere da una maggiore libertà di sperimentazione tendente forse all’indigestione, ma giustificabile -specie nella tagliente voce di Becky Sahira- come mezzo colorato per chiudere in bellezza.
Non chiamatelo psych-revival, ma attitudine a rielaborare in maniera originale e personale la stagione più irriverente e controcorrente della musica: i Kaptain Preemo evitano i facili cliché e con buon arrangiamenti e la giusta dinamica si fermano giusto sulla soglia di un vivace garage dalle tinte psichedeliche (oltre sarebbe stato pericoloso avventurarsi). Nice try!

Kaptain Preemo facebook
Kaptain Preemo bandcamp
Retrovox Records sito ufficiale

recensito da Poisonheart

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