Find Position – Armoteque

Come in una landa troppo spesso abbandonata, vestiti da cercatori pepite d’oro: ecco che si ribalta quel trip-hop morto, risorto ed ancora morto, tra la facile catalogazione a compartimenti stagni, e puff! nel giro di qualche anno tutto è sparito. Sto parlando di quell’onda alterata che sconvolgeva (non solo chimicamente) la seconda metà degli anni novanta, certo, finiti e tra-passati sotto l’orda della malattia digitale. Così pure il ventaglio simbiotico degli anni 2000, e caspita passa veloce il tempo; eppure qualcosa d’agrodolce e ghiacciato rimane tra le labbra, dopo questo cocktail rarefatto e cristallino.

Find Position  - ArmotequeVagamente ambivalente, come il lusso della voce di Stefania Centonze per metà un adrogina Shirley Manson, per metà una sofisticata Björk … a voi l’apripista ad un lavoro elettronicamente retrò, che balbetta un ticchettio quasi lounge, liscio, puro come un fulmine d’alcool caldo giù per la gola. Armoteque è un progetto a tre, che vede coinvolta oltre alla voce della Centonze, pure la psichedelia rallentata di Gianluca Gaiba e il respiro digitale di Federico Bologna. L’alba si colora di tinte forti all’iride, ed esplode in un claustrofobico vagito sensuale e sessuale: Find Position non è il solito album sottofondo per le serate all’insegna di qualche margarita (per i più giovani consultate wikipedia al limite!) o, come diavolo si chiama quello che va tanto di moda, ah sì il mojito!
Un lavoro brillante, raffinato nella tela sudata da asfissia plastificata, un barlume sonoro coadiuvato da softwares e campionamenti, tuttavia nulla di più lontano dalla mercificazione artistica. Niente pasticci da dj-hero, qui la ricercatezza di taluni suoni è minuziosa, meticolosa, a tratti pedante nella perfezione stilistica soffusa ed intima. Un bell’ascoltare, pulito essenzialmente, per chi ha buona nostalgia di quella musica rilassante ma coerente che si regge in piedi da sola. Come non ricordare quelle atmosfere aleggianti ed eteree alla Ray of Light: beh ecco depuratelo completamente dal pop e dalla banalità di fondo, ed avrete appena una vaga idea di cosa parlo …

L’eco drone-metallico di Dirty Hands apre le danze minimali di questo disco degli Armoteque, che passeggia con sicurezza sulla corda dell’equilibrista, con toni grevi come un vibrato dark che fa l’amore con l’oscurità. What you feel prosegue con la stessa sensazione ovattata che grida per un briciolo d’ossigeno, le tastiere accennano ad una melodia a rallentatore che guerriglia con impavido furore contro una beat-box lineare e sfumata verso i toni più bassi.
Drifting ricorda senza tanti complimenti i Garbage più ispirati ed onirici, quelli di Version 2.0 (leggi recensione) per intenderci. La cura degli arrangiamenti da parte degli Armoteque è impressionante, come il pathos che si crea nel bel mezzo di un ascolto attento ma sostanzialmente rilassato, ed il resto dell’album non fa eccezione. Ribadito a più riprese il trip-hop standard, ecco che qua e là fanno capolino infatuazioni più o meno armoniche, come nel caso di Metamorphosis, il brano più orecchiabile del lotto, o singhiozzi ritmici come nella disturbata ballata It Hurts.

Senza pentimenti la band propone uno stile lontano dalle mode del momento, e la flemma anestetica di Position of the Heart ne è la conferma finale, qualora ce ne fosse stato bisogno. Gli amanti del genere saranno sicuramente accontentati; per gli altri beh, non aspettatevi cambi di tempo o miscellanous di generi … questo disco è monolitico e perfetto così come in cuffia!

contatti:
Armoteque myspace
Black Fading Records sito ufficiale

recensito da Gus
 Gus heartofglass

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