Per ritrovare la quiete – Runa Raido

Per ritrovare la quiete - Runa RaidoProdotto sonico. Prodotto tendenzialmente rock con il vizietto del cantautorato. La risolutezza, stilistica nonché compositiva, sembra essere la prerogativa di questi ragazzi da Roma, che, con l’avidità di chi sa di far bene, propone un delizioso assemblato suburbano di chitarre cupe e distorte ma dal fremito lungimirante e lucido. Dai richiami esoterici (enfatizzati peraltro nella loro musica), i Runa Raido sprigionano un energia brillante, intelligente, ma pure accessibile, in una poltiglia vagamente in linea con l’indie-rock del decennio, puntellata da liriche espressive e di forte impatto concettuale. Per ritrovare la quiete può tradursi nel tentativo di sottrarsi alla freneticità della city in tutte le sue forme: un evoluzione che puzza di omologazione, il taglio delle distanze che paradossalmente porta al taglio della comunicazione, in un lento scorrere che plasma e modella l’individuo similmente ad un automa. E sopra tutto un forte senso di alienazione, giocato su immagini forti, pittoresche e pennate di chitarre macchiate di delay e flanger.

Seta con ogni probabilità è il brano che racchiude nei suoi 3 minuti, tutte le potenzialità del disco e della band; dal rock asciutto del chorus ai ritmi meditati della batteria, che cementa una tensione plateale che non vuol essere fine a se stessa. Gli accenti sono posizionati con cura, ad evidenziare non tanto il senso di malinconia che a volte traspare dai temi trattati, quanto una lucida disamina sulla condizione umana e del proprio beneamato grado di civiltà. Tuttavia non c’è traccia di proclami, slogan, soluzioni: il tutto scorre via senza pause, o sospiri per riprendere fiato. Il trittico iniziale con cui l’album “starta” rappresenta un biglietto da visita convincente ed esaustivo: dalle armonie più radiofoniche di Fame, alla claustrofobia di Elettromanichini e al suo flusso di coscienza irrefrenabile, fino alla spogliata Uno, celato inno al “non-vivere inimitabile”.

Le liriche disperdono messaggi subliminali di  livello superiore, nel quale l’esperienza personale viene doppiata, lasciando perdere le velleità sentimentali di nostalgia o di rimpianto. Nero, per esempio, si lancia in un rock-blues cristallino in continua evoluzione, prima sussurra il proprio lamento generazionale e successivamente come monito ai posteri, viene rimarcarto con toni maiuscoli e quasi urlati alla maniera punk più spiccia. Anche nei brani più veniali e pop-eggianti, vedasi Festina Lente, lo spessore stilistico dei Runa Raido supera di gran lunga la media delle “indiane” band nostrane, ancora ferme al viatico dei cambi di ritmo per far scatenare i teenagers nelle ballrooms da concerto. Da segnalare i due brani finali, Cambio di modalità con il proprio zaino liso di garage grezzo, e il minimale omaggio “battitiano” di Prospettiva Nevski rivisitata in maniera Runa Raido, e se possibile, amplificata nella sua onirica intelligenze.
Finalmente un disco sorseggiato con gusto, e che lascia dopo l’ascolto, un deposito consistente sulla tazzina …  


Runa Raido
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recensito da Gus
 Gus heartofglass

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