Young, Loud and Snotty – Dead Boys

I Dead Boys di Stiv Bators sono stati forse l’unica eccezione in fatto di stile del primigenio punk newyorkese. Originari di Cleveland (quando ancora si chiamavano Rocket from the Tombs) si trasferiscono nell’unica città che poteva amplificare l’ego della loro musica, pur mantenendo un indelebile ed affascinante debito con gli Stooges. Le spettacolari esibizioni dal vivo al C.B.G.B.’s ne consacrano l’euforia e la fama, allineando -tra provocazioni, cimeli nazisti e sangue- pericolosamente Stiv Bators al suo grande idolo Iggy Pop. Eppure nella struttura della band non sono trascurabili le trame di chitarra di Cheetah Chrome, vera e grande spalla di Bators e coautore di moltissimi brani: una coppia che giocava a fare -sbeffeggiandoli- la parte dei Jagger-Richards del punk newyorkese.

young loud and snotty - Dead BoysRegistrato nell’autunno del 1977, nello storico Electric Ladyland Studios, Young, Loud and Snotty è forse l’unica vera grande alternativa al punk scatenato dei Ramones. Secco e perentorio, il disco è un concentrato di vecchi brani dei Rocket from the Tombs e di pezzi inediti usciti fuori nelle arie tenebrose di New York: ad ogni modo, la tensione livida si irradia tra ribellione ed una propensione alla melodia, che nemmeno l’ammiccante -ma non originale- punk bubblegum poteva ambire. Il contratto con la Sire Records (la stessa dei Ramones) arrivata dopo la seconda da al C.B.G.B.’s proiettò i Dead Boys nell’orbita di registrare immediatamente un disco: visto e considerato che la band veniva da un contesto decisamente povero, il balzo in avanti fu enorme, e per certi versi catastrofico. Anche in studio le cose sfuggirono spesso di mano, specie quando la giovane produttrice Genya Ravan intimò la band di togliersi «quelle fottute svastiche» onnipresenti nel loro vestiario: il batterista Johnny Blitz non sapeva nemmeno cosa significassero! La simpatia dei Dead Boys per i cimeli nazisti, tuttavia non aveva nulla a che fare con fini ideologici, «se una cosa era cattiva, loro volevano farla» ricorda la stessa Ravan. L’energia emanata ascoltando su vinile Sonic Reducer o la tensione cristallina di All this and more sono nulla in confronto di quanto avveniva in dimensione live: tra oscenità di ogni tipo ed un’abrasione sonora che rappresentavano l’emblema di uno stile di vita dissoluto e controcorrente.

La rabbia di questo disco davvero incazzato, lambisce i confini del nichilismo: «I don’t need anyone / Don’t need no mom and dad» nell’inno Sonic Reducer, non aggiunge nulla di nuovo al pessimismo cosmico newyorkese della seconda metà degli anni ’70, ma il tono con cui viene sputato fuori dalla bocca di Stiv Bators è qualcosa che fa davvero rabbrividire. Imprevedibili stoccate machiste sia in Caught With The Meat In Your Mouth, con ovvi riferimenti al sesso orale, che nella caustica I Need Lunch. Impossibile non nominare la ruvida confessione amorosa di What is Love (debitrice tanto dalle New York Dolls, quanto dagli MC5), con tanto di assolo centrale dal sapore rock ‘n’ roll; mentre lo scettro di diamante grezzo più prezioso del disco, spetta alla crepuscolare energia cupa e sofferta di Not Anymore Afraid of sleepin’ and ‘m freezin’ to death / I gotta keep me awake»).
Il resto del disco è talmente tirato e viscido che se riproposto dal vivo oggi, finirebbe in un’orgia di pogo, spintoni e sputi (ed un’alta probabilità di rissa!).

Young, Loud and Snotty è un disco alienato, disperato in una misura paragonabile solo al punk hardcore della costa californiana. I Dead Boys tra mille peripezie ed esagerazioni, registrarono anche il successivo e forse sottovalutato We Have Come for Your Children (1978), le cui “morbidezze” in studio non piacquero troppo alla band. Il successivo incidente a Johnny Blitz -accoltellato durante una rissa- accelerò il processo di scioglimento dei Dead Boys, facendo intraprendere a Stiv Bators la redditizia strada degli stralunati, ma molto evocativi, Lords of the New Church.

recensito da Poisonheart

 

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