Damaged – Black Flag

I Black Flag furono la prima band hardcore ad uscire regolarmente dalla California per dei tour a dir poco esplosivi, «Ogni volta che arrivavi in un posto di cui non avevi mai sentito parlare prima, ti sentivi dire, beh i Black flag sono stati qui due settimane prima» ricorda Ray Pezzati dei Naked Raygun. Se questo non vi sembra straordinario, bisogna immedesimarsi in quello che era Los Angeles nei primi anni ’80. Una città abusata dal potere delle autorità politiche conservatrici, in cui le urla di piccole band spesso autoprodotte, cercavano di sovvertire l’ordine facendo sentire la propria voce, sputando liriche velenose con ritmi veloci e rutilanti. Le illusioni degli anni ’70 avevano prodotto una generazione sfinita dalla realtà: era ora di cambiare questo e Greg Ginn mente e deus-ex-machina dei Black Flag lo aveva capito benissimo.
Dapprima fonda la SST Records, che diventerà la label indipendente per eccellenza delle band alternative ed hardcore del paese, e dopo aver cambiato spesso line-up (da ricordare Keith Morris poi fondatore dei Circle Jerks), trova in Henry Rollins un magnifico portavoce in grado di lanciare messaggi credibili e autentici. Coadiuvati dalla seconda chitarra di Dez Cadena, dal basso di Chuck Dukowski (cofondatore della SST, nonché successivamente brillante manager) e dalla batteria del potente Robo; l’esplosione rabbiosa hardcore è completata!
In questo clima nasce un disco fondamentale per la scena californiana e per tutto il movimento (in realtà anche per la generazione degli anni ’90), un gioiello come Damaged (1981) intriso di furore isterico, che catapulta l’ascoltatore in un terremoto sonoro rabbioso ma lucido e dissacrante nella sostanza: «Quello erano i Black Flag: buttare fuori la merda che hai dentro», ricorda Henry Rollins.

Damaged - Black FlagDiffidenti verso le autorità di polizia, che per altro perseguitarono spesso la band (fino a bandirla da Los Angeles), Rise Above scaglia con veemenza messaggi carichi di significato che preannunciano una vera e propria chiamata alle armi.  «We are tired of your abuse / Try to stop us it’s no use » funge da coro di incitamento per il pubblico scalmanato dei concerti: pronti alla battaglia i Black Flag scelgono un sound corrosivo ma ragionato dai fraseggi delle sei corde di Ginn e Cadena. Il tagliente l’intro di basso di Dukowski in Six Pack fa salire un’adrenalina che esplode solo nel chorus successivo: lividi, pungenti, maniacali.  Caratteristica anomala per un gruppo punk era il suonare lento, e dato che a Greg Ginn (ironia della sorte) non piaceva come suonava l’hardcore, insegnò alla band a suonare più lentamente ed a swingare, mantenendo così quel tipico groove alla Black Flag in ogni situazione.
Se un paragone è accettabile, almeno nei messaggi proposti, questo riguarda gli esplosivi MC5 di Detroit. Impegnati o piuttosto (dis)impegnati dalle utopie conservatrici che attanagliavano il paese (Reagan saliva alla Casa Bianca), i Black Flag riuscirono ad anticipare i tempi (anche musicalmente), scatenando una sovversione più ideale che pratica, ma che fu da base per le generazioni che si affacciavano alla musica indipendente. Police Story penetra fino al midollo e lascia impietriti dalla potenza espressa, come Thirsty and Miserable, ove la velocità non è l’unica prerogativa, le ruggenti chitarre di Ginn e Cadena urlano quanto la voce di Rollins.

Nei canoni classici dell’hardcore ironica e pungente è T.V. Party, meno densa di rabbia delle precedenti e più cinicamente orecchiabile (passatemi il termine), «We’ve got nothing better to do / Than watch T.V. and have a couple of brews». Apparentemente spensierata la mescalinica Gimme Gimme Gimme, uno scossone di meno di due minuti che non ha paragoni. Immaginatevi di essere nella bocca di un cannone, pronti per essere sparati via: la sensazione è la stessa. Sommersa è No More, dopo un soliloquio di basso e batteria che esplode come le esibizioni vocali e sceniche di Rollins. A tratti terrificante, a tratti violento! Non trascurabili le versioni di Damaged I e II, ricolme d’odio pulsante tanto nelle vene quanto nelle corde vocali.
La MCA (tramite la succursale Unicorn) dapprima si era mossa distribuire Damaged, salvo poi tirarsi indietro ufficialmente a causa del tono sovversivo del disco (scatenando poi una diatriba legale che tenne ferma per i diversi mesi la band). Scherzosamente i Black Flag suggerirono con uno sticker in copertina, la loro ironica risposta: «come genitore, trovo che questo sia un disco contro i genitori». Fondamentali come detto per la successiva generazione musicale, la band esprime in 15 tracce l’anima hardcore più nichilista ed iconoclasta, con quella verve di sommossa e ribellione a cui in pochissimo si sono solamente avvicinati. Chiudo con le parole esaustive di Greg Ginn: «Penso che i Black Flag abbiano promosso un’idea su tutte: se vuoi qualcosa, salta dalla finestra e valla a prendere».
Ogni autorità è messa in discussione dai Black Flag … attenti mamma e papà !!!

  recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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