La Sostanza dei Fatti – DON Rodriguez

Tornano i DON Rodriguez, che avevamo già apprezzato su queste pagine con L’indimenticane (2015, leggi recensione), con un disco –La Sostanza dei Fatti (per Dischi Soviet) – definito perentoriamente rock, ma che in realtà svela un lucido concept dai lievi e frizzanti accenti cantautorali.
La Sostanza dei Fatti - DON RodriguezUna spiccata sensibilità nelle liriche traspariva già nel lavoro precedente, anzi, coadiuvata da arrangiamenti più “soffici” questa ne risultava addirittura più profonda ed intensa; tuttavia ne La Sostanza dei Fatti un dinamismo più deciso non svaluta versi e ritornelli più lividi e tenebrosi. L’idea che ruota attorno a questo concept è quantomeno curiosa, infatti si raccontano le vicende ed i personaggi che hanno animato una nota discoteca degli anni settanta nelle valli verbanesi: il New Fashion. Dalla grafica ad alcuni riferimenti specifici, tutto staziona intorno ad un punto nevralgico del divertimento e della socializzazione di quegli anni, come a demonizzare la deriva sociale contemporanea, ponendo maniacale attenzione alle piccole e determinanti vicende di una discoteca spesso teatro di piccole risse, amori e sotterfugi che oggi difficilmente si possono ritrovare in un luogo dalle simili attitudini. E’ l’attaccamento alle abitudini dello svago, alla semplicità di attendere una settimana intera prima di far “casino”, una sottile nostalgia di tempi ed anni che oggi sembrano lontanissimi per cultura e routine. Il luogo fisico si contrappone a quello odierno digitale, in una parabola malinconica a tratti, ma con decisivi momenti di entusiasmo e di adrenalina, e proprio per questo motivo la sferzata rockeggiante suona coerente e roboante.

Da un cantato a volte impastato e disilluso alla Francesco Bianconi, La Sostanza dei Fatti si compone di 10 brani legati tra loro da indissolubili ricordi, mantenendo anche una inossidabile linearità degli arrangiamenti e nei volumi. Dalle tinte cupe dell’iniziale di Agosto, nella quale la sezione ritmica si fa pastosa e quasi post-punk, all’amacord vagamente funk di La primavera del ’93, i DON Rodriguez seguono un percorso temporale che pesca dalla memoria e s’immerge nelle atmosfere tardo seventies ed eighties. Momenti più pop fanno capolino ad esempio in Astronauti, eppure senza cambiare troppo gli ingredienti di questo disco, ecco l’abrasività di Illogico o episodi più ovattati come l’intro claustrofobico di Leggero. In una certa misura viene rispettata la tradizione cantautorale italiana, abbandonando qualsiasi velleità indie-rock con le sue facili e fresche icone generazionali. Strappo confermato dall’intento di conferire un’aria anacronistica al concept, con gerghi e vicende decisamente lontane dalle scaramucce pop sintetiche di cui il mercato indipendente italiano si sta molto velocemente saturando. 
Da segnalare il flusso di coscienza di Se tanto mi dà tanto, o la godibilissima memorabilia funk de L’oblò nell’oblio, mentre a conclusione del disco la perla opaca di Una giornata come tante (asfalto basso) mantiene ancora alta la tensione di un disco costantemente intelligente nelle intenzioni e ben arrangiato nella forma.

La Sostanza dei Fatti non è una mera operazione concettuale di ricordi e di malinconie in ordine sparso; è un interessante parallelo tra epoche ed atteggiamenti oggi molto diversi. Dedicato a Teo Maffi, il disco non soffre la mancanza d’ossigeno rispetto a sonorità più sperimentali ed in linea con il mercato indipendente: la combo chitarra-basso-batteria dei DON Rodriguez conferma che per essere davvero originali non occorre “giocare” con effetti digitali o improbabili trame synth, ma che è indispensabile avere un’idea musicale ben chiara e definita!

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recensito da Poisonheart

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