Kadìma – Il giunto di Cardàno

Riscoprire la new-wave a poco più di trent’anni dal suo apogeo, può essere anche un esercizio nostalgico, ma se questo viene smosso dalla ruvidezza di un rock alternativo made in italy, allora l’ensemble assume sfumature interessanti e dinamiche: Il giunto di Cardàno (attenzione agli accenti) con il diamante grezzo Kadìma, rimane in bilico tra synth stralunati e chitarre acide, senza mai voler chiarire da che parte stare.

Il Giunto di Cardàno KadimaOriginari di Foggia, il trio basso-chitarra/synth-batteria inizia il proprio percorso artistico nel 2011, trovando nel giro di pochi anni discrete soddisfazioni nelle apparizioni live, aprendo per alcuni dei migliori rappresentanti dell’indie italico. Eppure ne Il giunto di Cardàno non convivono velleità hypster dall’alto tasso di immedesimazione, preferendo piuttosto cullarsi nel ricordo stupendo di quel secco e distorto rock della prima metà degli anni novanta. Giuseppe Colangelo (diviso tra sei corde e tasti), Mariano Cericola (basso / synth) e Davide Tappi (percussioni) imprimono alla musica la stessa energia primitiva di quell’epoca, sudando e rabbiosamente suonando i propri strumenti senza porsi limiti o traguardi. La cieca passione spinge il trio ad elaborare  -ed in Kadìma tale evoluzione è piuttosto evidente- sonorità variegate e tridimensionali, che abbracciano, tanto il folgorante climax sonico intriso di feedback, quanto la pionieristica e irrefrenabile wave delle tastiere. Tale apparente dicotomia viene risolta senza inspiegabili o irruenti cambi di tempo o di velocità, ma anzi scivolando con intelligenza tra armonie di chitarra e corposi -ma mai rigidi- giri ritmici, nei quali basso e batteria sanno generare dinamismo, senza smontare l’apparato melodico dei brani.

Eppure questo disco non si nasconde tra grumi sonori ben allineati ed integrati tra loro, sa comunicare con grande libertà artistica un disagio impellente verso una qualche forma di entusiasmo che le meccaniche quotidiane annichiliscono. Aspirazioni, prospettive, scelte e sogni mangiati da un lato si accatastano l’uno sull’altro, senza concedere al rimpianto alcuna soddisfazione: il guardare oltre l’orizzonte diventa un’esigenza di sopravvivenza piuttosto che una consuetudine naturale. Così, dopo un intro spettrale, Il giunto di Cardàno entra nel vivo con la potente Yez!, mescolando ritmiche di basso molto movimentate (scuola Gianni Maroccolo!), sporcate appena da un timbro tribale davvero selvaggio e godibile. Il saper dosare la grinta delle distorsioni e delle tonalità baritone senza accelerare nelle velocità d’esecuzione, consente di coltivare una tensione via via crescente che sfocia in ballate intrise di maestosa profondità: L’amore al tempo dell’erasmus prende la complicità lirica di Cristiano Godano e l’annega in un groove circolare di chitarre. Inconfondibile omaggio ai synth di Gary Numan in Bacio di Giuda, sfiorando un mid-tempo acrilico che ricorda Are ‘Friends’ Electric?, mentre Giurami ruggisce di un’energia nuova, trovando nell’originale approccio strumentale ed in un moderato nichilismo lirico, una interessante via per il futuro.
Arpeggi caldi aprono Radioonde, concedendo lisergiche aperture ad un cantato mono-“tono” davvero godibile, virando poi inaspettatamente verso un incalzante ritmo tambureggiante, nel quale strati sonori diversi s’accavallano e si superano in fondo all’ultimo rettilineo. Nella parte finale del disco, Il giunto di Cardàno calca la mano sull’emotività e sul flusso di coscienza controllato, trovando nelle movenze digitali qualche spunto non convenzionale: Kadìma è un estratto di vita livida e vissuta, mentre la malinconia che si avventa in Souvenir, rassomiglia ad una nebbia sottile e soffocante. Suite corposa nella conclusiva Radis, ove i suoni distorti ritornano a fare capolino con innata invettiva e spropositata irruenza, per svuotarsi completamente nella parte centrale del brano, ove sibili acuti e ripetitivi mimano ad un oblio naturale ove cullarsi, fino ad arenarsi con fierezza in dune melodiche di discreta eleganza.

Kadìma sono le scelte, le porte aperte dal destino e quelle chiuse dal libero arbitrio; è un disco potente e piuttosto complesso nel suo insieme, capace di sprigionare le emozioni più primitive senza risultare lezioso o scontato, ed aprendo scenari musicali che non possono che suscitare curiosità. 

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Il giunto di Cardàno bandcamp

recensito da Poisonheart

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