Colpevoli – SAMCRO

Da un primissimo assaggio dei SAMCRO di Arezzo, potrei definirli i Black Keys italiani, ma poi sarei ingiusta con un duo chitarra-batteria che nonostante l’impronta blues, sa anche suonare un bel rock spontaneo e secco. E poi Paolo Benvegnù storcerebbe il naso verso la mia affrettata etichetta, quindi passo oltre e cerco di raccontare Colpevoli (prodotto da Soffici Dischi / Warning Records) senza preconcetti o reminiscenze passate.

SAMCRO - ColpevoliFratelli d’armi: Mario Caruso alla chitarra e Nicola Cigolini alle percussioni smuovono tanto rumore ed un groove felino che non lascia indifferenti. La batteria traccia la via e sul più bello cambia timbro, mentre una chitarra fortemente baritona spinge verso dinamiche secche, talvolta spinte verso una velocità irruenta, talvolta più ragionata e blueseggiante. Eppure è la fase di scrittura che rapisce per energia e forza espressiva, non a caso Colpevoli può essere considerato un concept-album rivolto a brinda all’indifferenza, volgendo lo sguardo prettamente ai propri “affari” personali. Che sottopelle ci sia la mala-politica o una società cieca ed egoista, poco importa, i SAMCRO non si scatenano solo contro i massimi sistemi di potere, ma anche con chi nel suo piccolo finge di non vedere le sofferenze che attanagliano questo paese, preferendo la culla della banalità e del materialismo. Critici, talvolta ipercritici, i testi sono pugnalate inferte con coraggio e volontà di smuovere le coscienze, il tutto coronato da meccaniche musicali precise e molto dinamiche, perfette per accompagnare i proclami dei SAMCRO.

Attacca e Rilascia: Dal garage vengono prese le distorsioni intestine, dal blues l’alchimia maculata che rende i brani profondi ed immediati. La mancanza del basso non è pervenuta, le dinamiche contorte della chitarra assolvono bene il doppio compito: quello di creare una certa ritmica a supporto della batteria e quella di distinguersi con power-chords possenti e riff acuti e melodici. Se la scena viene quasi tutta rubata da La Ricostruzione (ecco il video), nella quale il featuring con Paolo Benvegnù diviene un valore aggiunto non da poco, è anche vero che la solidità del brano cammina con le proprie gambe a prescindere dal contributo finale del front-man degli Scisma. Eclettici, movimentati, i racconti dei SAMCRO altro non sono che dei blues moderni, nel quale gli afflitti e gli “ultimi” trovano sempre una buona parola; ecco che le posizioni assunte in Opponibile o in Martin X sono più ideali che meramente politiche. Orecchiabile e martellante la prima, più complessa e naif la seconda; si rimanda sempre ad una nostalgia verso quella libera circolazione di idee di cui oggi sentiamo più astinenza che nostalgia. In Similitudine gli effetti ovattati dati presumibilmente da un octave a pedale, conferiscono quella claustrofobia molleggiata che permette di enfatizzare con maggiore forza le tematiche del disco. In Mahmud o in Reagire al Dolore l’interpretazione vocale intima volge ad un racconto sostenuto, capace di tenere l’ascoltatore premuto agli auto-parlanti anche grazie ad una tensione musicale sempre crescente ed intrisa di pathos, che tocca l’apice nell’introduzione di Kingsley. La title-track suona come una dichiarazione di intenti urlata con un pizzico di commiserazione lucida e cinica; i colpevoli sono i buoni in una cultura svuotata di ideali e di interessi comuni, nel quale l’auto-celebrazione vira verso un prolungato assolo rockettaro che non t’aspetti.

Nemmeno nel finale i ritmi sembrano placarsi, ed ecco che Il mare dentro di te è molto lontana dall’essere una ballata placida, anche se l’approccio è meno arrabbiato e forse un pizzico rassegnato; la conclusiva Benvenuto è un bellissimo blues veggente (impareggiabili gli archi che sublimano nel chorus), nel quale la speranza apre uno squarcio che mancava davvero in Colpevoli.
I SAMCRO confezionano un album sopra la media, articolato e con tante cose da dire, suonato con passione ed enfasi e con quel pizzico di rabbia che non guasta mai. Il blues-rock masticato e sputato del duo aretino vive di linfa propria, grazie anche ad una lucidità di stesura che dovrebbe far invidia ai grandi “cantori” indie, incapaci di uscire dalle solite tematiche generazione; qui i SAMCRO colpiscono nel segno, e lo fanno senza la smania di farsi portavoce!

 

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recensito da Bambolaclara
BambolaClara heartofglass

 

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