CODEC_015 – Drunken Butterfly

Negli ultimi trent’anni si contano sulle dita di una mano i dischi che hanno saputo cogliere il disagio sociale nostrano e mostrarlo con un certo piglio intellettuale. Sono pochi gli artisti che hanno saputo enfatizzare i piccoli gesti di tutti i giorni e le problematiche quotidiane, senza dare un colore politico o senza scivolare sulla buccia di banana della retorica qualunquista. Tra voci dei padroni, mondi nuovi ed affinità e divergenze varie, la scuola italiana è stata abile solo marginalmente a conciliare invettiva musicale ed originalità nella comunicazione. Oggi cade sul desktop (perché, ahimè il tempo dei 33giri ha il restrogusto dell’amarcord!) una cartellina con CODEC_015 e le nove tracce marchiate settembre 2015 dei Drunken Butterfly. Del trio marchigiano (Lorenzo Castiglioni, Fabrizio Baioni e Giorgio Baioni) non si dovrebbe aggiungere nulla, parla già da sola la carriera più che quindicinale ed una nutrita schiera di dischi che nell’ambiente indie nostrano sanno di istituzione. Il loro graffiante sound dai connotati caucasici, mostra in quest’annata una decisa introspezione verso l’elettronica più minimale ed un’empatia estirpata dagli anni ’80, l’immancabile preghiera del cantato e tutto lo sporco degli anni ’90. Il resto sono già ingredienti collaudati in Epsilon (2012) e quel disorientamento musicale che ti fa sembrare di essere ancora nell’era analogica sotto le edere del partito repubblicano.

Drunken_Butterfly_Codec_015In CODEC_015 i Drunken Butterfly provano con convinzione a raccogliere il disagio interno ed esterno che vira in disillusione di quei trentenni italiani che si ritrovano per le mani un futuro sfibrato di tutte le belle speranze di diec’anni prima. Troppo giovani per una patriottica chiamata alle armi dal sapore wave, e troppo poco attuali gli inni fumosi delle generazioni X,Y e Z, i Drunken Butterfly cercano di cantare e suonare quello che vedono e che conoscono, facendosi solo idealmente ispirare da tutte quelle voci passate intrise di ribellione. Ne risulta un disco catatonico, a tratti malinconico nel constatare le miserie di tutti i giorni, scosso e defibrillato dalle spinte elettroniche dei synth e del corposo tessuto armonico che contraddistingue il lavoro del trio.
Nella mia prima rapida discesa, mi soffermo su Nervi, che forse meglio di tutte riesce a cogliere quell’innaturale e languido movimento meccanico della vita di tutti i giorni: una routine ammazza-pensieri, che decolora il tempo libero e quella spinta fantasiosa che da sola colora tutte quelle giornate grige ed uguali.
Più diretta e mediamente rabbiosa (il giro di batteria iniziale prepara la tavola) è l’apertura de Il bel paese, nel quale, come un’isterica confessione, si passano in rassegna tutte le malattie del potere dell’Italia proletaria e fiabesca, colpo su colpo e senza concedere nessuna pausa rimane indistintamente in testa quell’ossessivo “Tutto tace intorno a loro!”. Lo stesso atteggiamento critico viene ripreso in L’America, ove lo stesso approccio dissidente si riversa alla patria madre di tutte le influenze e di tutte le storpiature e le pieghe della libertà. E che dire di quel “spara Johnny, spara!” sembra fare il verso al sovietico Jurij dei CCCP Fedeli alla Linea.

La tensione sale in Addio, il migliore brano del disco secondo il sottoscritto, nel quale convivono tutte le influenze dei Drunken Butterfly ed il gioco delle velocità e dei volumi viene dosato con intelligenza ed orecchio: dall’apertura disperatamente elettronica al minimalismo armonico che percuote il brano, passando per il riflessivo intramezzo di pianoforte ed arrivando poi su in cima alla gola tra distorsioni e power-chords. Lo slogan “Luce bianca fine di tutto non devi temere è solo un istante” coglie impreparati nell’ascoltare Marie, una sorta di confessione a cuore aperto mentre si discende a tutta velocità verso l’inevitabile.
Promosso come un disco nel quale Pasolini viene riletto in chiave rock, CODEC_015 vive di un nichilismo lucido e non compassionevole. Sicuri dei propri mezzi, i Drunken Butterfly non hanno interesse a delineare una via di salvezza (forse perché non c’è!): essi osservano l’evolversi scontato degli eventi e da lì vomitano suoni ed impressioni, vedasi in Coltelli e Nuovo Ordine.
Tanta attenzione per il brano Genova, nel quale i fatti enciclopedici del G8 sono solo un espediente per denunciare una superficialità sociale (o social!) che contagia tutti noi, in uno j’accuse verso coloro che dovrebbero salvaguardare la libertà. Un ecumenismo socio-politico (a tratti stucchevole) ma inevitabile in un disco che si pone come l’obiettivo la cronaca fedele della contemporaneità made-in-italy.

Prodotto da BlackFading, e registrato + mixato dalla voce dei Disciplinatha, alias Cristiano Santini, in CODEC_015 si riconoscono tutte le buone intenzioni di una band che vuole davvero cogliere quel disagio giovanile e circoscriverlo in propria visione personale (senza cavalcare l’onda di predicatori musicali che sparano alla cieca nel mucchio), con l’intento di condividere con il pubblico quella stessa visione e renderla meno spettrale e spaventosa. I Druken Butterfly riconoscono che non c’è soluzione al problema, vedasi in Sete nel quale tutte le ammissioni di resa sono come pugnalate allo stomaco, tuttavia il fatto di condividerle e confrontarle con le esperienze altrui, rafforza questa silenziosa resistenza all’inevitabile miseria dei nostri (social-mente inutili) tempi.

Drunken Butterfly facebook
Drunken Butterfly sito ufficiale
Black Fading Records

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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