Studiando il Modello Terrestre – Il Nero ti Dona

E’ qualcosa di soggettivo. Pur tuttavia risulta innegabile la seguente, profetica constatazione: nell’era della comunicazione facile, del taglio delle distanze, l’incomunicabilità tra le persone diventa prioritaria. Demagogia da politicanti, forse. Eppure, c’è abbastanza rabbia lucida per riempire un pozzo di catrame: Il Nero ti Dona eredità dalla personale esperienza un bagaglio di lungimiranza ed intelligenza che va oltre i soliti clichè da “italietta” populista.

La verità non è un bene supremo, specialmente oggi, nel quale troppe lingue invocano la loro versione da autoparlanti mobili che divampano su telegiornali d’intrattenimento. In questo funambolico e furente esordio, Studiando il Modello Terrestre, il quartetto che compone Il Nero ti Dona, lievita gentilmente con la propria astronave e si pone ad un livello di osservatore scrupoloso ed emotivamente non coinvolto: l’uomo è sotto esame, ne va della sua salvezza?!
L’amore, la fiducia, i vincoli della realtà, la vita senza rime barocche, sono i temi che si slacciano da un tessuto sonoro compatto e vibrante. Difficile chiamarlo rock e sperare che questo si volti e ci saluti, piuttosto una danza spettrale suonata con energia da chitarre piene di lividi, da tambureggianti ritmi di batteria e di basso e talvolta dalla vacua nostalgia di qualche tastiera scippata all’underground più vivo.

Non si tratta di alienazione punk, di anarchia emotiva né di disfattismo nichilista: la vita va in analisi da Dio, e si aspetta delle risposte concrete! Testi e musica si amalgamano con la missione di comunicare davvero, di veicolare un messaggio che non sia solo uno spot pubblicitario. Non si canta solo per il gusto di cantare, non si propongono soffici e facili soluzioni, bisogna cercarle dentro i versi sghembi, di un flusso di coscienza che a fatica si trattiene nel sputare il fuoco che sta dentro. Gli stessi intenti già profanati dalle agnostiche parole-veleno di Giorgio Canali, o dall’ostracismo ubriaco di Pierpaolo Capovilla e del suo “Teatro”.

Il solenne intro di Aprile, potrebbe fuorviare qualsiasi navigatore novizio; eppure questa acida ballata sembra parafrasare Roger Waters e il suo “muro” da cui è impossibile comunicare, un “Hey, you” soffocato dalla tosse o dall’asma.. Il Nero ti Dona usa la metafora del “carcere” per esprimere il medesimo concetto: in un risultato finale che cambia tempo e ritmo al passo di un rabbioso garage dal passo spedito. Ne L’impero si assiste alla rottura delle acque, in un salmastro fiume di sangue e devastazione interiore: il vagito che segue non è di quello di un bimbo in fasce, ma è l’urlo dell’uomo che muore e rinasce ad ogni sconfitta della vita ed ad ogni cicatrice.

L’umana inquietudine viene rivoltata come un calzino, Disordine e Lembi di pelle, accelerano piano piano, livello su livello: ascensore infernale, ascensore celestiale, il biglietto prepagato vale per entrambi i viaggi!
Autopsia di un cuore malato d’amore: «ma l’amore cambia posa e dà la schiena, come un sogno che si spera e mai si avvera». Così recita Il modello terrestre, un onesta disamina sui sentimenti e sulla folle confusione che alimenta l’amore nelle sue fasi preliminari: dal materialismo arcano, al possesso carnale, dalla paura di perdere sino all’evidenza della sconfitta. Alba e tramonto: in Distanze il colore prende sfumature eteree di nostalgia; l’odio a denti stretti ha invece il sopravvento in Il vanto. Soluzioni musicali agli antipodi, dai ritmi quieti la prima, disseminata di trappole affilate la seconda; eppure sono due modi di vedere la stessa vita, come in una stanza piena di specchi ma senza niente da vedere!

Una disamina più attenta spetta a voi! Ogni brano cela un chicco di vita, di verità, quella constatata da questo studio super partes, che non inchioda l’uomo all’indifferenza, ma dovrebbe spronarlo a lottare di più. Il Nero ti Dona abbatte tutti i birilli in un colpo solo, se i versi sono lividi, la musica è alcool sulla ferita.
Emotivamente consigliato!  

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recensito da Poisonheart
 

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