For Rent – Agony Way

In Italia la cosiddetta musica rock è sempre stata un utopia relegata a semplice nostalgico ricordo verso altri paesi “musicalmente” più evoluti. Chi vuole metter su una band con velleità anticonformiste, deve guardarsi bene le spalle: in tanti hanno fallito! Se hai vent’anni all’inizio del ventunesimo secolo, i tuoi miti musicali si esauriscono al massimo ai Green Day o per i più eclettici ai Pearl Jam. Certo non è una colpa, ahimè solo una necessità generazionale! Le ultime visionarie follie dell’Italia-rock ha partorito mostri come Finley o Vanilla Sky (non ho scelto questo nome a caso!) ed altri che non me la sento di menzionare (conati di vomito?!). Il dubbio rimane: ma questi fanno musica per passione o per vedersi in tv conciati come degli sfigati?! Sarò troppo critico, però devo descrivere lo scenario che avvolge la musica giovanile italiana: non riesco ad essere tenero!

Gli Agony Way sono un’onesta band piemontese con un discreto bagaglio tecnico e probabilmente con le idee un po’ più chiare dei loro coetanei. Esordiscono con un ep grezzo ma che non dice le bugie (Warning Agony Way) nel 2007. In 2 anni mettono apposto la line-up e gli strumenti, e finalmente sono pronti per il salto di qualità. Diè, Poli e Mario Rossi sono l’ossatura storica che trova in Mauri il chitarrista ideale per i loro intenti punk-rock-pop. Un sound certamente abrasivo, veloce e contagioso a tratti che sembra uscito dalla migliore tradizione punk anni ’90: questo è pressappoco For Rent, primo disco “maturo” della band. Rigorosamente autoprodotto, mostra una decisa vena sanguigna sovversiva, impastata con un pop leggero da non prendere mai sul serio.  

Agony WayI primi secondi ricordano il punk più accessibile degli Offspring di The Kid’s aren’t Alright (storpiatura del capolavoro degli Who), tuttavia The Quick Brown Fox mostra una buona dinamicità e personalità. La batteria aggredisce la melodia di base della chitarra di Mauri, specialmente nel chorus redivivo ma a volte retorico: tuttavia la parte finale del brano spazza via ogni indecisione. Il pop-rock di 32 è sopportabile e tramuta un altrimenti lascivo punk in un più abbordabile bubblegum, senza troppi compromessi; segue la stessa mania peripatetica è seguita da Don’t Worry, sorretta da una corretta amalgama degli strumenti. L’asino cade però con NYC, nel quale le influenze alla Blink 182 rischiano di confondersi con le più banali ballate di quel rock giovanile italiano di cui sopra si parlava: un brano che non riesce ad avere presa!

Ad ogni modo nulla è perduto, e in Dunzo i ritmi si fanno spinti ed aggressivi, ricorda a tratti i pluri-celebrati (a ragione o torto non spetta me dirlo) Paramore. Il chorus orecchiabile è un bel punto di forza, nonostante a tratti  necessiti di un endovena pesante di hardcore stile Black Flag.
Saturday Morning si tiene in piedi più alle melodie malinconiche in stile Corgan che al chorus pop: un brano interlocutorio ma ben miscelato! Il miglior brano del disco si applaude alla fine, nel quale spicca At Terror Street, un punk secco ed oltraggioso come uno spray al peperoncino: la quadratura perfetta del cerchio!!!

Le intenzioni degli Agony Way sono buone e mosse da una coerenza leggibile nelle 7 tracce di For Rent. Mantengono un sound personale, nonostante qualche richiamo ad influenze anni ’90 e più recenti. A tratti forse discontinui ma pur sempre migliori e sinceri delle pillole pseudo-rock che le charts italiane continuano a propinare agli ascoltatori più inesperti! Good Try !

 Agony Way myspace


recensito da Poisonheart
 

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