A Sangue Freddo – Il Teatro degli Orrori

Se siete rimasti estasiati dall’esordio roboante, con Dell’Impero delle Tenebre, in questo secondo lavoro de Il Teatro degli Orrori, le parole si sprecano una ad una. Innanzitutto va detto che A Sangue Freddo (2009) non è stato un disco facile né da scrivere (un anno circa per stesura dei testi), né da registrare: non perché mancassero le idee, anzi. L’asticella viene posta ad un livello più alto, le pretese sono enormi e la quantità di cose da dire è impressionante.
Ovviamente sono pochi gli artisti riescono a  divincolarsi dalla morsa dall’ovvietà targata made in italy (senza far nomi, tanto li sapete!), e chi vuole intraprendere tale crociata musicale deve far i conti con un pubblico sonnacchioso ed indisponente. Un disco difficile dunque. Per citare le parole stesse dei protagonisti, si tratta di «un disco non “militante” ma politico». L’ispirazione viene dalla vita quotidiana, dai telegiornali e dall’ipocrisia in cui sono imperniati i mezzi di comunicazione ed informazione: la carne al fuoco è tanta. L’Italia messa a nudo davanti a se stessa, ove un volgo emotivo invade ogni pezzo del puzzle che compone la coerente contraddizione di un paese, in un epoca indecifrabile anche ai più giovani. Pierpaolo Capovilla sfodera idee liriche sensazionali, più esplicito di qualunque lingua di fuoco, riversa nelle canzoni della band un energia e un malessere sincero e disinibito. Le cose vengono fatte bene, con acume ed intelligenza, dalle primissime fasi di registrazione sino ai mixaggi: il salto di qualità balza immediatamente agli occhi.

A sangue freddo - Il Teatro degli OrroriIl fastidioso ronzio iniziale si prolunga per poco più di un minuto, poi Io Ti Aspetto suona come nessuno avrebbe previsto, una sorta di funerea cantilena calma e pacata.
Dov’è finita l’energia primordiale de Il Teatro degli Orrori? Pazientate, amici, pazientate. È un disco da assaporare.
Due sgombra il campo da ogni dubbio e si lancia in un rock granitico che ricorda gli esordi. La voce di Capovilla è sempre ironica ed espressiva, Giulio Ragno Favero e Gionatha Mirai si cimentano in duelli elettrici a sei corde senza eguali, il tutto sostenuto dalla batteria possente di Francesco Valente. Il pathos crudele e smunto non si esaurisce nei due minuti scarsi della canzone, e raggiunge presto l’apice con A Sangue Freddo nel quale si celebra la figura di Ken Saro Wiwa, il poeta e portavoce delle oppressioni subite dalle popolazioni del delta del Niger. Non si guarda in faccia nessuno e le liriche sono taglienti e velenose, formando un parallelo tra la figura dello scrittore nigeriano e le ingiustizie globali che coinvolgono gli oppressi: «…è nell’indifferenza che un uomo, un uomo vero muore davvero»!

Tuttavia c’è spazio per la spensieratezza e l’ironia con Mai dire Mai, nel quale l’introspezione la fa da padrona e mette a nudo le debolezza di una cultura oltre che di un uomo solitario. Il rock continua a battere fortissimo, tuttavia ci sono aperture musicali verso la sperimentazione elettronica, come nel caso di Direzioni Diverse, nel quale collaborano i Bloody Beetroots. Il Teatro degli Orrori se la cava egregiamente e riesce ad evocare immagini molto profonde sul senso della vita e delle decisioni che si frappongono durante il suo corso «E’ un mondo diverso che voglio, altro che storie…». Le banalità lasciamole a chi riempie puntualmente gli stadi con le quelle canzonette che sfrecciano da un orecchio all’altro senza lasciar segno. Qui invece, il segno è indelebile!
Ed è disarmante la verità che cela Terzo Mondo: «Non posso più sopportare i miserabili al potere, solo le mie disperazioni mi fanno sentire ancora vivo»; un atto di onestà intellettuale che solo nei grandi cantautori del passato si può ritrovare.

Padre Nostro è una provocante rivisitazione in chiave moderna, e che non me ne vogliano i cattolici, tale versione è molto più veritiera, genuina e sgombra da ogni ipocrisia dell’originale. La band appare disorientata quanto noi, tuttavia propone una soluzione non indifferente, denunciando e raccontando dei mali di una società svezzata tra odio e denaro. La poetica si mischia alla sfrontatezza, e in Majakovskij questo connubio è brillante e celestiale. I suoni si fanno sperimentali ed ammiccanti: un rock secco in perenne gravitazione su se stesso. I versi del famoso drammaturgo vengono ripresi in ottica moderna ottenendo un risultato da lasciar senza fiato per le verità rivelate.

Apparentemente meno efficaci La Vita è Breve e Alt!, nel quale con la consueta ironia la band ci racconta degli aspetti più grotteschi e paradossali di questo paese. Dalle atmosfere delicate alla Billy Corgan, E’ Colpa mia funge da duro mea-culpa di una generazione che si sente di aver fallito nei propri ideali, un tempo così luccicanti. È la generazione di Pierpaolo Capovilla. Ma  pure un monito ai più giovani: un insegnamento di vita.
Die Zeit chiude il disco in una lunga litania elettro-rock, nel quale partecipa anche Jacopo Battaglia, batterista dei grandiosi ZU (altra band da scoprire!!). È il pezzo che chiude i loro live: svegliatevi ragazzi, vale la pena andare a vedere dal vivo Il Teatro degli Orrori. Poiché la musica che esprimono risalta molto di più nei concerti che sul vinile (o più volgarmente sul vostro i-pod!). In fondo non si chiamano “Teatro” per niente. Si impara molto da un concerto loro!

A Sangue Freddo è un grande disco che parla d’amore, di solitudine, di rabbia, ma soprattutto ripeto parla d’amore. Con un pizzico di tristezza (e nostalgia verso quei concerti intimi e sinceri a cui sono soliti) posso affermare che porterà la band ad un successo commerciale assicurato: le tv ci gravitano attorno. Tuttavia fate attenzione, al primo ascolto si rimane un po’ confusi. L’energia de Il Teatro degli Orrori non è immediata ma viene rilasciata moderatamente in piccole endorfine. Un disco geniale se sapete ascoltarlo con il cervello … e allora che aspettate: liberate gli scaffali dagli album banali!!!

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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Una risposta a “A Sangue Freddo – Il Teatro degli Orrori”

  1. Bella recensione. Sono d’accordo: è un disco che parla essenzialmente d’amore. E musica, passione ed energia si sfumano, aggressive, dirette e penetranti per combattere contro la noia e l’indifferenza… Il Teatro questa volta vuole davvero svegliarci. Il segno che lascia soprattutto dal vivo ha i toni di un pugno allo stomaco e la forza di chi vuole rialzarsi!

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