Incipit (ep) – Birø

Fondere dell’arrembante elettronica in un’appassionata prosa-racconto è certamente un esperimento ambizioso, non tuttavia senza tranelli ed ostacoli inaspettati lungo il cammino: in Incipit, extended-play d’esordio di Birø, il compromesso viene ben gestito, consolidando un elettro-pop dagli accenti minimali e dallo spleen cobalto.
Incipit BirøClasse 1990, Birø scrive liriche minimali capaci di enfatizzare un disagio limpido, che tocca le corde dell’alienazione, dell’isolamento, della ricerca di una comprensione personale complicata, anche se lastricata di buone intenzioni. L’approccio digitale permette alle parole di assumere camaleontiche sfumature, sfiorando una vellutata techno depurata dalla retorica, con interessanti venature classiche, come si evince dai primi secondi di Ansia (Le Luci), prima di essere “travolta” da una vitrea melassa elettronica. Un cocktail sonico piuttosto eccentrico e curato nei dettagli, che mostra una ricerca musicale puntuale, ma anche sensibile ad un mood orecchiabile ed ammaliante. Il racconto di una serata viene snocciolato tra metafore, riferimenti volutamente confusi e disturbati, emozioni rilasciate con l’astuzia dell’intrattenitore, portando l’ascoltatore ad abbandonarsi ad una musica rilassante, ma anche sospiratamente decadente.
La successiva Lupi striscia tra un parlato metropolitano ed una ritmica che martella le tempie, in una sorta di inseguimento di suoni e reazioni talmente frenetiche in un rotondo dinamismo, da amplificare quel senso di confusione così soffuso cullato dal brano.
In Birø sorprendono i cambi di tempo e di timbrica, in un groove armonico in continua evoluzione, che crea e distrugge continuamente frequenze, trasformandosi sempre in qualcosa di nuovo: prendasi ad esempio Come nei Film, un primo approccio elettro-pop (con tanto di citazione dal film “Casablanca”) si sposta piano piano su binari funky iridescenti, sviscerando una spensieratezza che mancava in questo punto del disco. L’ovattato oblio emozionale ritorna con Inverno, nonostante i cristallini echi che divampano a sprazzi lungo un tessuto melodico teso ed impavido: versi algidi scavano nel profondo dell’anima e dei ricordi, mentre una solitudine femmina (deliziosi i cori di Cristina Italiano) scivola via leggiadra tra i densi strati di suono. Il mio disordine chiude in maniera pomposa e pirotecnica, un progetto musicale che supera la musica, abbracciando anche le arti figurative, legando a ciascuna traccia un’illustrazione curata dal grafico Vanni Vaps (clicca qui).

Incipit (prodotto dalla promettente RC Waves) è un lavoro completo, con talmente tanta carne sul fuoco da lasciare esterrefatti e leggermente confusi. Buone liriche e con ampi margini di miglioramento, colorano di tinte attuali la poetica emotiva di Birø, sempre sensibile nel cogliere quel lato fantastico e fanciullesco della realtà.

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recensito da Poisonheart

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