LaScimmia – LaScimmia

Partire dal principio di evoluzione per cercare di spiegare l’involuzione culturale che ci attanaglia (o che ci ha sempre attanagliato?!): questo sembra apparentemente il proposito de LaScimmia, quartetto trevigiano dalle inaspettate qualità armoniche e compositive, capaci di colorare di tinte sgargianti un panorama musicale locale, che solo ultimamente sta uscendo dalla nebbia. L’omonimo esordio è una bella boccata d’ossigeno, il modo di porsi verso l’ascoltatore è sincero e pulito, anche musicalmente assistiamo ad arrangiamenti precisi, fuori dai classici schemi dell’indie-rock e dintorni, innescando un’energia primitiva e grezza ad alto tasso di coinvolgimento.

L’autoproduzione de LaScimmia (Dischi Soviet Studio) ed il mixaggio e registrazione a cura di Massimo Berti e di Giulio “Ragno” Favero (spesso l’impronta del bassista de Il Teatro degli Orrori e One Dimensional Man è evidente), evidenzia l’acume e la precisione di un progetto serio e ben costruito, regalando entro il disco momenti diversi: dalle lente ballate rivolte ai mille ricordi della giovinezza, ai ritmi più caotici ed adrenalinici nel quale chitarre e basso regalano combo di “rumore” davvero incredibili. La nota lieta riguarda anche la recente entrata de LaScimmia nel collettivo SISMA, che si occupa di curare ed annaffiare la rinvigorita scena locale, attraverso una buona attività di concerti e di promozione.
Andrea Albani (percussioni), Gabriele Marino (voce e sei corde), Enrico Poletto (tasti) e Federico Scuderi (quattro corde) non hanno manie di autori generazionali (tanto odiati dai puristi della scena indie), scrivono e suonano quello che conoscono e che hanno vissuto sulla propria pelle, cercando da lì di condividere emozioni ed impressioni comuni e cercando di dare almeno una risposta alle tante domande che girano in testa a tutti noi. Un tripudio di idee che sfocia in una educata critica ad un imborghesimento culturale ed a una curiosità populista che ci allinea tutti sulla stessa linea di ignoranza, facilitando il mestiere “dell’accontentarsi” piuttosto che ricercare la verità o la purezza di nuove forme d’espressione. Da questo punto di vista LaScimmia s’impone di camminare sulle proprie gambe, cercando la propria vocazione attraverso l’azione pratica, non esistono né languide scuse, né nostalgiche emozioni verso “eh, quei bei tempi passati…”.

LaScimmia
L’incipit di Galassie e Deserti è affidato alle parole del poeta gallese Dylan Thomas in “Do not go gentle into that good night” come a fissare il target dell’intero disco, e se il brano procede lento ed aggressivo come si faceva negli anni novanta, la voce e gli arrangiamenti si piegano ad un’orecchiabilità per nulla oltraggiosa. In Delirio di Onnipotenza il power-chord esplode potente dagli amplificatori, creando quella combo basso-chitarra tipica delle timbriche di “Ragno” Favero; l’acida critica all’ordine costituito è palese, eppure viene raccontata senza fronzoli o metafore intellettuali, LaScimmia dal basso della sua primordialità preferisce immagini semplici ed immediate (quasi proletarie!). Segue una ballata cristallina dai cori sovrapposti tenuti in superficie da una sei corde pulita di Tempokane, nel quale il senso di alienazione è lampante quanto misterioso per chi non lo capisce; mentre Fiori Nuovi è il primo singolo estratto, ed anche quello che forse rappresenta in toto le qualità de LaScimmia.
Il Mare e Altopiani sono invece episodi più coraggiosi, nel quale i ricordi ed i lividi da essi derivati, sfociano in un saliscendi di emozioni assimilabili e comparabili anche dall’ascoltatore; se la prima è il commiato di un amore “da una volta al mese“, nella seconda la tastiera è protagonista di quella richiesta di ossigeno ed aria fresca obbligatoria per andare avanti in questa scalata che a volte chiamano vita.
La Verità sta nel pezzo è una bella variazione al tema (suoni sporchi e puliti si dividono le parti) e forse una strada da battere nei prossimi lavori; e mentre Legione stende e attecchisce al primo ascolto, è in Come stanno le cose che LaScimmia torna intimista e sincera, con un brano da dedicare a quegli ex-amici che si mal-sopportavano negli anni giovanili (la mia lista sarebbe molto lunga!!!). Ottimo il finale con tastiera e quel sapore agrodolce dei ricordi.

Concludo con Krakatoa e Vado a ballare la Techno, prese di coscienza di una maturità acquisita, ma anche una serena critica a quell’omologazione di gusti e di esperienze. Ancora molto buoni gli arrangiamenti ed il dinamismo di fondo, pacato e lineare, che conferisce alla produzione un tocco di stile davvero sopra la media.
LaScimmia è certo un bel progetto (carino anche l’art-work, che presentiamo per intero) con temi ed idee chiare e sicuramente con tante altre cartucce da sparare nei prossimi lavori (lo hanno dimostrato chiaramente!); un bello schiaffo a chi sostiene che la musica indipendente italiana sia tutta uguale.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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