Un Incubo Stupendo – Management del Dolore Post Operatorio

Il Management del Dolore Post Operatorio l’ha sempre fatto! Provocatori, anticonformisti, nuotatori controcorrente, poco pazienti alla mediocrità della critica “indipendente” (virgolette doverose); nei loro dischi si sono sempre trovati spunti interessanti, quasi mai scontati e retorici. Luca Romagnoli e Marco “Diniz” Di Nardo hanno seguito un percorso artistico ben preciso, ed in fondo sempre piuttosto intelligente, manifestato apertamente quando nel 2015 entrano a far parte della squadra de La Tempesta Dischi. Non è l’inseguimento di una consacrazione ambita appena dopo il successo di Auff!! (leggi recensione), piuttosto è una presa di coscienza verso quel mondo indipendente, che deve sbattersi tra la propria autonomia e la volontà di ampliare gli orizzonti di pubblico. Se la violenza espressiva si è placata in McMAO (2014) ed I love you (2015), a favore di una profondità compositiva più adulta -ma non per questo meno densa di cinismo e disillusioni-, con Un Incubo Stupendo era lecito aspettarsi una chiusura del cerchio coerente con il proprio vissuto musicale. E così è stato …

Management del Dolore Post Operatorio Un Incubo StupendoTrainato dalla decadenza romantica di Naufragando, il Management del Dolore Post Operatorio racconta le incertezze delle emozioni e dei comportamenti quotidiani, come ha sempre fatto, trovando nell’interpretazione canora di Luca Romagnoli, quella vena sempre critica ed appassionata verso un qualunquismo da combattere ad ogni costo. Le trame di chitarra di Marco Di Nardo si fanno più tirate e secche, depotenziando il dinamismo funkeggiante degli esordi, e modulando appena le armonie della sei corde quel tanto che basta da renderle scivolose e dilatate. Un lavoro in studio preciso ed essenziale (produce lo stesso “Diniz”) a cui è stato affiancato il contributo strumentale degli IMURI (Lorenzo Castagna, Antonio Atella e Valerio Pompei).
La delicatezza intrinseca ed il tono confidente di Naufragando (forse la più bella ballata dell’intera carriera del Management del Dolore Post Operatorio), ha innalzato le aspettative per un disco, che nelle altre nove tracce, decresce con costanza verso un pathos meno crepuscolare e profondo. La title-track e secondo singolo estratto colora di cobalto il compiacimento della caduta, l’autodistruzione dell’amore, come unico atto reale e sincero che possa esistere nella vita («Stare con te – ascoltami – è un posto bellissimo / Dove tutto crolla e va a fondo, è un incubo stupendo»): una presa di posizione forte e consona a quella che è l’indole di Romagnoli e Di Nardo.
Tuttavia, il primo broncio di velata delusione appare ne Il Vento, ove il Management del Dolore Post Operatorio snocciola verità sacrosante e che pochi hanno il coraggio di cantare, eppure quel filo di rabbia e costernazione che ci dovrebbe essere, viene sostituita da un’indifferente prospettiva onnisciente (e da un chorus da canticchiare anche sovrappensiero «Sta aspettando il vento, sta aspettando qualcosa di speciale»), che preferisce raccontare con disilluso distacco una forma distorta e veggente del presente: «E andrà a finire male, succede quasi sempre / A quelli che amano la vita disperatamente». Rimane la lucidità e la critica verso i “mostri” della nostra epoca, riuscendo persino a circoscrivere ne Il Tempo delle Cose Inutili, quello che di buono ed autentico resiste nel profondo delle persone.
La tanto e da sempre acclamata piega anti-conformista e libertina prende piede con Il Mio Corpo ed Esagerare Sempre, proclamando un goliardico ed ironico disfattismo verso quelle ripetitive e scontate meccaniche umane. Dall’alto potenziale, anche grazie ad un arrangiamento fresco ed arrembante, è Una Canzone d’Odio, che ironia della sorte, suona senza odio ed astio apparente, celandolo sapientemente in versi rapidissimi e dal tono radiofonico.

La parte finale di Un Incubo Stupendo, concede virate pop all’apparato melodico del Management del Dolore Post Operatorio: dalla spensieratezza senza fronzoli di Visto che te vai, alla tenacia di Marco il Pazzo (secondo miglior pezzo del lp), concludendo con la dinoccolata Ci Vuole Stile, nel quale il duo si prende anche licenze auto-ironiche («Ma le canzoni sono un po’ così devono piacere…» con quel solito toni ruffiano di Romagnoli), svelando forse il lief-motiv del disco, e sgonfiando le eventuali critiche di chi si aspettava un ritorno rutilante ed isterico alla Auff!!
Ad ogni modo, Un Incubo Stupendo rimane un buon disco voglioso di uscire dall’ovile indipendente, ragionato nella forma ed originale nel trattare la sofferenza della realtà e della vita con fierezza e gelosia; facendo intravedere (dopo un attento e lezioso ascolto) che l’ilarità endemica del Management del Dolore Post Operatorio non si è mai placata, e (speriamo!) mai si placherà.

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recensito da Poisonheart

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