Se la primavera sta iniziando a fare capolino, in questo omonimo esordio invernale (uscito il 06 gennaio) dei milanesi Surf Cassette, si può già sentire tutto l’afoso ardore dell’estate. Sarà la spremuta garage, o quell’inconfondibile omaggio alle spiagge (ed al punk) californiano, ma ciascuna delle 8 tracce di cui si compone questo self-titled è pervasa da un sano bubblegum spensierato, ben ritmato e conciso nella forma.
Classico power-trio d’assalto, Dario (chitarra), Luca (percussioni) e Filippo (basso) suonano con vigore e buone velocità, una miscela semplice, orecchiabile e molleggiata nella sua andatura dinoccolata: senza pretese di ribellione, ma solo per il piacere di divertirsi e divertire. Un disilluso e solare approccio vagamente vintage (la sei corde non mente!), che mi ricorda tanto il ruvido punk dei Weezer, quanto la nostalgia estiva lo-fi dei Best Coast. Eppure, nella musica dei Surf Cassette permane come un meraviglioso e claustrofobico senso di compressione, dato più dalla nebulosa e natia Milano, che dalle aspirazioni di un California Dreaming scolorito sui bordi; rendendo del tutto originale la proposta del giovane trio.
Dallo schema palesemente surf-rock, l’evoluzione dei brani coinvolge sempre un chorus canticchiabile ed una ritmica ballabile, ma non per questo sciatta o scontata; anzi l’anacronismo e la lontananza dal solito indie-rock sporcato da un cantautorato generazionale, fa gridare di genuinità l’approccio schietto dei Surf Cassette. Il power-chord graffiante di Wasted, ad esempio, potrebbe benissimo appartenere ad una compilation nostalgica dei primi anni novanta, grazie a distorsioni di sei corde potenti, ma non così sporche da scivolare nell’alternative rock da scantinato. Dalla dinamica più articolata è Lust for Life (no, Iggy Pop non c’entra!), coloratissima pillola gommosa, il cui ritmo irresistibile non può che mettere in movimento un breve ed isterico balletto; che prosegue senza grossi cambiamenti in Mess in My Head. Se i riferimenti musicali maggiormente sentiti riguardano perlopiù band californiane skate-punk, come ad esempio i poco conosciuti (dalle nostre parti!) Fidlar o i Wavves, è indubbio come il senso di appartenenza ad un genere di nicchia, renda la proposta dei Surf Cassette esotica ed appassionante. Tuttavia, nella stagnante Wonder Woman è possibile riconoscere un certo buon gusto per la melodia e per l’emotività che genera, verso una sincera -ma tacita- dedizione alla ballata da spiaggia, quando il sole sta per nascondersi dietro la linea del mare.
L’eventuale scarto generazionale che c’è tra la flower-power Rebel e la secca Maybe I’m not Sober, sembra immenso, eppure dista solo pochi minuti l’una dall’altra; mentre nella crepuscolare Summer’s End, echi lontani e nostalgici verso il pop elegante delle Ronnettes di Be my Baby, rappresenta più di un’ispirazione. Chiude, in maniera sorprendente e coraggiosa, una bonus-track che si esilia dal contesto del disco: Portami Via è più un siparietto da bagnasciuga, ma che potrebbe pure rappresentare un’eventuale via da seguire in futuro.
I Surf Cassette ci fanno gustare l’estate con un esordio fresco ed energico, senza tuttavia rinunciare ad una vena di nostalgia e di riflessione. Circoscritto nel loro genere, il surf-rock proposto non è immutabile ed integerrimo, poiché sottopelle si notano piccole ed originali varianti, che non possono essere che da stimolo per le (auto)produzioni future. Nice Try!
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