The East (ep) – The East

Quando il rock incontra una certa passionalità nel raccontare le piccole e grandi vicende che ci circondano, e quello stesso rock suona marcatamente nineties, allora siamo dinnanzi a minuscoli inni generazionali, intrisi di una nostalgia che suona sempre fresca e vitale. In questa contraddizione emotiva si muovono con disinvoltura The East, progetto a tre di Emanuele Zanardo, Andrea Comacchio e Francesco Giacomin, che dalle umide pianure trevigiane omaggiano quel tedioso grigiore che sembra appena sparire solo nei primi mesi primaverili. Con una tradizione emo-core non trascurabile (Rites of Springs, ma secondo me anche Built to Spill) e mantenendo inalterato il dialogo diretto verso l’ascoltatore, il trio trasuda energia, cura nel dettaglio, ed una suite di immagini evocative che esaltano testi molto ragionati, ma sostanzialmente diretti. Questo omonimo ep, The East, ottiene con efficacia una coesione sonora fatta di una chitarra che digrigna i denti (ma senza risultare fastidiosa) e di una seziona ritmica dinamica e flessibile, che riesce ad ammorbidire gli spigoli acuti di alcune soluzioni più rock.

The East (ep) - The EastIl tono confidenziale dei quattro brani che compongono l’ep, è certamente il primo particolare peculiare di una produzione curata, che non disdegna di essere orecchiabile al punto giusto, senza trovare peccaminosa questa innata qualità. I giri di chitarra, a volte sostenuti, a volte più pacati, si fondono con un cantato vivace, passionale, a tratti distaccato, come se fosse la voce narrante delle mille esperienze e peripezie di una vita. The Flight suona come le migliori ballads rock alternative di metà anni novanta, eppure manca quella retorica di fondo che lo stile americano porta indelebilmente con sé, The East non si nascondono sotto le buone intenzioni, e mostrano la parte più cruda dell’animo, quella fatta tacere dall’ego o da una timidezza congenita. La stessa cover art del disco, mostra l’alienazione ed una certa diversità dalla massa brulicante, eppure si denota anche un certo stile ed un distacco dagli usi e costumi comuni, quasi a ricreare una propria identità, un proprio unico universo. Mr.Blue ed un essenziale intro di batteria apre le porte, con un delicato riff di chitarra, ad un cantato sussurrato che prende via via corpo assieme alle dinamiche di un brano livido, sofferto, con quello spirito un po’ scapigliato e un po’ speranzoso; nel finale echi pumpkiani provenienti dalla sei corde regalano l’ultimo strappo ad un brano che abilmente corre su densi contrasti cromatici. Più canonico e lineare nei volumi e nelle intensità è il singolo estratto Youth, immediato quanto basta, per risultare efficace così com’è; mentre Pillow segue lo schema nineties per antonomasia, quel piano-forte-piano che nell’esplosione del chorus trova la sua ragione d’essere. Tirato e suonato con la stessa passione che le liriche trattengono a sé, è la degna conclusione post-hardcore che ci si aspettava.

Uscito in questa tiepida primavera, The East (Stay Home Records / Screamore) è una prova che lascia ben sperare per il futuro, nonostante il genere di nicchia (e questo mi pare un bel vantaggio!) possa permettere a The East di sperimentare ed osare ancora di più, alla ricerca di quel suono sempre più armonioso e disperato che possa colorare i tetri meriggi della pianura: un così efficace inno alla diversità urlato e sussurrato nello stesso tempo mancava da queste parti!

 

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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