Vol. Uno – Brunori SAS

L’ironica malinconia di vivere di Rino Gaetano, rinasce per un attimo e, come zucchero a velo, imbianca qua e là le dinamiche di questo esordio di Dario Brunori e la sua ditta cantautorale, la Brunori SAS.
Brunori SAS - Vol UnoCosentino classe ’77, Brunori porta in scena con la propria musica tutta la retorica e la nostalgia dei primi anni novanta, svelando in Vol. Uno una sorta di disco di formazione ed un sincero inno alla propria infanzia ed adolescenza. Le rime sono cantautorali, l’approccio è semplice e popolare, dall’incontro di questi due stili, nasce quindi un disco che, alla fine del primo decennio del nuovo millennio, mancava nel panorama italiano indipendente. Gli ovvi richiami ai cantastorie scanzonati, alla “non specialità” della condizione del musicista d’oggi (vissuta in maniera piuttosto decadente, come avrebbero fatto e scritto i poeti maledetti francesi nel 1857), quell’umorismo no-sense e quella antiquata condizione bohémien enfatizzata come strappo alla società borghese, collimano tutti insieme in un’unica direzione, trovando il plauso della critica e del pubblico. Gli arrangiamenti poveri e minimali colorano maggiormente quel senso di magra nostalgia che aleggia durante il disco, eppure in tale stato d’animo c’è il sorriso della perdita, lo sguardo lungimirante dell’esperienza e della maturità, la consapevolezza che quanto perso non tornerà, ma che è stato bello per un momento (o forse più) averlo tenuto e vissuto; l’approccio di sola voce e chitarra è talvolta tagliente e secco, svelando tuttavia un’ilarità semiseria alla Groucho Marx (alimentata da una palese ammirazione) che getta del “nuovo” in uno schema già visto e sentito troppe volte, in quelle che si definiscono produzioni indipendenti.

Lo scontro di personalità è il tema d’apertura de Il pugile, languida ballata tutta accordi e pennate sciolte, nel quale la sensibilità del “poeta” si scontra con quella indistruttibile del pugile, in una sorta di duello generazionale padre-figlio (ma le chiavi di lettura possono coinvolgere qualsivoglia relazione umana) che trova il compimento in un finale ululato e quasi straziante: «E sì lo so che sei infallibile che sei di ferro indistruttibile, mentre io sono un fiore».
In Italian Dandy è la tromba a regalare brividi di nostalgia, mentre Brunori ripercorre la sua giovinezza divisa tra la curiosità verso il sesso (e l’amore infantile per Edwige Fenech) e la maledizione della poesia tra Prevert e Verlaine, fino all’incontro con l’amore della vita, perduto per difendere quell’insensato anticonformismo che sfocia in uno dei migliori e malinconici chorus indipendenti:

«Amami come se fossimo ancora
In quel bar di Berlino a fumare Pall Mall
Amami come quella volta all’Esselunga
Quando in preda alla fame rubammo una baguette»

La parola di Brunori è fatta di immagini immediate, di ricordi perlopiù: dal super-santos calciato da bambino, a Novella 2000 sfogliata dalla madre, passando per i discorsi calcistici Pertini-Bearzot in Guardia ’82, che rievoca con lucidità l’armonia delle vacanze estive a Guardia Rovente e la insensatezza dell’amore agli occhi di un bambino troppo intento a giocare con la sabbia: «E lei stava senza mutande / Ma io non la guardavo neanche / M’infilavo i braccioli e poi dritto nel mare». L’infanzia prende il sopravvento durante l’evoluzione del disco (la cover-art ne è già un indizio), in Nanà sono i ricordi a costruire ciascun verso, nel quale la volontà (e l’esigenza) di normalità si scontra con l’eccezionalità dell’essere artista, ed in Paolo il concetto è rimarcato cantando di uno scapolo in cerca di moglie e di qualcuno che si prenda cura di lui. In Come stai si delineano quei temi sociali (il mutuo ed il posto fisso) che diventeranno protagonisti nel successivo Vol. Due Poveri Cristi, mentre in L’imprenditore, Brunori ironizza col proprio futuro da predestinato “ragioniere”, con i genitori che possiedono una piccola azienda a condizione famigliare: «E come sono contento di fare l’imprenditore / Ma come sono contento di lavorare per ore ed ore». Finale più sommesso e riflessivo, con la dolce e tragica Di così, altro inno alla normalità e a quell’incertezza di vivere, e la ninna nanna amara di Stella d’argento, tanto breve quanto effimera.

Vol. Uno è un ottimo esordio per Brunori SAS che si aggiudicherà a mani bassi prima il premio Ciampi (2009) e poi la Targa Tenco (2010) e forte di queste attenzioni registrerà nel 2011 un concept maturo e sociale come Poveri Cristi, ove passano in rassegna le disgrazie dell’Italia operaia e della seconda repubblica. Tuttavia in questo disco è la genuinità a colpire maggiormente, poiché senza grossi sforzi di arrangiamenti e di concetti intellettuali, Brunori riesce ad entrare nei ricordi di chi come lui ha vissuto il benessere degli anni ’80 e la rivoluzione tecnologia dei ’90, lasciando magari per strada alcune occasioni e qualche rimpianto, ma tenendosi strette quelle esperienze vive ed indimenticabili che i giovani hipsters degli anni 2.0 forse faticheranno a capire … come ad esempio non aver avuto la fortuna di calciare fortissimo quel maledetto super-santos e vederlo volare via per sempre in un’altra direzione.

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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