Vinegar Socks – Vinegar Socks

Vinegar SocksE le chitarre elettriche dove sono finite?!
Nel periodo psichedelico delle due band più importanti di sempre (inutile citarle) era consuetudine, o forse solo moda, appropriarsi di strumenti “non convenzionali” o persino bizzarri come ingrediente imprevedibile lungo la “rivoluzione lisergica”. In alcune fasi degli anni ottanta la varietà strumentale diventò un ossessione, con la missione di cercare quel suono (o  rumore) più assurdo e fantasioso. Quest’abitudine, talvolta propedeutica oserei dire, nell’era digitale si è persa quasi definitivamente: nessuna esplorazione sonora, o in sporadici casi, solo accennata e spesso piuttosto superficiale. Nei Vinegar Socks non troverete certo chitarre graffianti o colpi granitici di grancassa; la loro è una sorta di moderna musica da camera, più pop e ripulita dalla leziosità del conservatorio. Jordan De Maio è un americano a Roma: genio e sregolatezza di liriche sottili e permeate da una nostalgica ventata di calore umano dato dalla sua chitarra acustica. Paolo Petroncelli conserva gelosamente la sua passione per William Walton (celebre compositore inglese) e nelle corde del suo violino tesse delicate ma decise trame nel quale si articola l’intera musica del duo Vinegar Socks.

Un progetto nato nel 2008 di un intensità ammirevole, che sa unire l’immediatezza di un pop mai disprezzabile con la consistenza e l’armonia classica di strumenti a corda e a fiati tipici di un orchestra. Nel loro omonimo Vinegar Socks si possono apprezzare folte partecipazioni strumentali che partono dal caldo mandolino sino all’oboe, passando per il meno noto bodhràn irlandese. Una coesione nel quale è leggibile una forza espressiva che si manifesta in modo pacato e lento, ma che sa colpire nei punti giusti, impressionando (si spera favorevolmente) l’ascoltatore.

L’avvolgente melodia di Salesman in Love ha il sapore mediterraneo di un Morrissey disincantato e ripulito dalla personale agonia ambigua; il cantato di De Maio è limpido e sereno, instaurando un’armonia celeste tra mente e corpo. Il violino prende il sopravvento nella ballata zingara  Zeppo, nel quale i Vinegar Socks mostrano una dimensione da cantastorie decisamente convincente. Lievemente in debito con i Kings of Convenience è Xylophone con chitarra e violoncello che si mostrano dinamici sullo sfondo di un brano lento e meditativo. Sulla stessa lunghezza d’onda la migliore canzone del disco, Life in the Sewer: un pop adorabile e tutto da coccolare.
Versioni da caberet d’altri tempi sono apprezzabili in Ashmites e nella dolcissima Vacation from a Vacation: movimentata e teatrale la prima, riporta agli anni venti del secolo scorso; più ninna-nanna la seconda.
Da segnalare pure la spettrale Madeleine dal sapore agrodolce, come la concitata traccia di chiusura Before the Unreal. L’elemento acustico è imprescindibile per un disco coerente nella sua maestosa varietà.
I Vinegar Socks si dimostrano perciò camaleonti, attingendo ad un bagaglio tecnico e stilistico riscontrabile in pochissime altre band. Omaggiati pure da Mtv (per una volta tanto ci vede giusto!), trovano una prima consacrazione partecipando alla colonna sonora del film “Dieci Inverni” di Valerio Mieli.    

Un debutto sincero con un potenziale enorme, Vinegar Socks ha il solo difetto di rincorrere un filone ancora di nicchia, ma che sa nelle sue ballate più orecchiabili sedurre il pubblico medio. Sanno slegarsi ai generi con estrema facilità, non s’intestardiscono con il folk e sono abili nel giocare con i ritmi ed i tempi: l’acustico è sempre smosso da qualche delizioso swing o qualche motivetto al mandolino. In tour in Italia e presto anche oltre i confini nazionali (le date). A volte le chitarre elettriche è bene lasciatele a riposo …   

 Vinegar Socks sito ufficiale
Vinegar Socks myspace
Grinding Tapes sito ufficiale

 recensito da Poisonheart

 

  

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