Una scheggia di luce che finisce nella notte: Louis-Ferdinand Céline

«Si perde la maggior parte della propria gioventù a colpi di goffaggini. Era chiaro che stava per abbandonarmi la beneamata, presto e per sempre. Non avevo ancora imparato che esistono due umanità molto diverse, quella dei ricchi e quella dei poveri. Mi ci son voluti, come a tanti, vent’anni e la guerra, per imparare a starmene della mia categoria, a chiedere il prezzo delle cose e degli esseri prima di prenderli, e soprattutto prima di attaccarmici»

(Louis-Ferdinand Céline, Voyage au bout de la nuit, 1932)

 

Il personaggio: Louis-Ferdinand Céline è stato una penna (ma anche una lingua) molto acuta e fuori dal coro, spesso additata di antisemitismo se non addirittura di razzismo (o filo-nazismo) in Francia e nei sprezzanti salotti europei. Da sempre su posizioni estremamente critiche verso l’establishment, Céline ha vissuto una vita turbolenta e macchiata da un indelebile nichilismo e da una insanabile misantropia. Tale scontrosità trova forse la sua origine in un’infanzia pervasa dalla frustrazione del padre, da ristrettezze economiche e da un’educazione influenzata dalla mediocrità della piccola borghesia; lo stesso Céline rievoca la propria giovinezza con distacco e sincero disgusto in Morte a Credito (Mort à crédit) pubblicato nel 1936.
Louis Ferdinand CélineNel 1914 si arruola come volontario corazziere allo scoppio della Grande Guerra, ove rimane seriamente ferito dopo una coraggiosa missione sulle Fiandre Occidentali; decorato con la Croce di Guerra, Céline porterà a vita le menomazioni fisiche e psicologiche del conflitto, tra l’insonnia cronica ed un’angoscia esistenziale che lo porterà ad assumere atteggiamenti via via sempre più nichilisti verso la condizione umana. Dopo una parentesi in Africa Centrale, rientra in Francia e si laurea in medicina ove svolgerà la professione dapprima come medico di bordo presso la Società delle Nazioni, successivamente nei sobborghi poveri di Parigi, ove i propri pazienti sono impossibilitati a pagarlo. Durante le numerose notti insonni, Céline scrive il suo capolavoro Viaggio al termine della Notte (Voyage au bout de la nuit) che nel 1932 viene pubblicato ottenendo un discreto successo, ma venendo rifiutato dall’élite culturale francese. Dopo il secondo conflitto mondiale a causa di alcune dichiarazioni considerate antisemite e di un taciuto collaborazionismo con il governo di Vichy, Céline è costretto dapprima all’esilio e poi ad un isolamento culturale ed economico (confisca di tutti i beni materiali passati e futuri) in madrepatria, trovando in Jean-Paul Sartre il suo principale inquisitore. Cadute tutte le accuse, dopo dell’amnistia del 1951, Céline si trasferisce a Meudon (poco lontano da Parigi) ove continua l’attività di scrittore senza tuttavia riuscire a superare l’embargo letterario nei suoi confronti; muore dimenticato da tutti nell’estate del 1961.

Lascito letterario: La figura di Céline è complessa e tormentata come lo sono del resto i suoi romanzi, intrisi di pezzi di vita sputati via con disgusto ed disillusione. Ne Il Viaggio al termine della Notte la narrazione si compone di un iniziale flusso di coscienza, per approdare progressivamente verso un’indagine dell’animo umano attraverso le vicende, fortemente autobiografiche, del suo alter-ego Ferdinand Bardamu. E’ un romanzo sicuramente complesso ed articolato, che costringe il lettore ad insediarsi nel profondo e nelle viscere delle personalità estrapolate da  Céline; ne consegue un forte distacco ed un nichilismo irrimediabile, con note molto accese verso la media-borghesia ed la rigidità delle gerarchie sociali. Velati atteggiamenti anarchici ed apolitici, sono da intendere come massima espressione di un pessimismo critico e della malattia endemica verso quella società contemporanea (siamo nel 1932, il nazismo salirà al potere l’anno successivo)  che si apprestava, stolta ed inconsapevole. ad entrare ad ampie falcate entro il secondo conflitto mondiale. Céline in questo che definirei un “grande romanzo umano“, non propone soluzioni a tale condizione, ma si limita a viverla -sulla propria pelle e negli anni a venire-  come un vagabondo che cammina nell’oscurità e nella notte.

«C’è un momento in cui sei solo quando sei arrivato in fondo a tutto quello che ti può capitare.
E’ la fine del mondo. La stessa pena, la tua propria, non ti risponde più e bisogna tornare indietro, allora, tra gli uomini, non importa quali
»

 

a cura de Il Gemello Cattivo
Il Gemello Cattivo heartofglass

 

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