Aprile si conferma mese sempre ghiotto di nuove uscite, così ecco una coproduzione di quattro etichette (DreaminGorilla Records, Screamore, Out Stack e la StAY di Udine) per il secondo capitolo della discografia dei modenesi Cabrera. Se il loro emo-core cristallino ed annegato nell’alienazione aveva convinto nell’esordio (Da Qui Si Vede Tutto, 2015), in Una Montagna in Casa le sferzate rock ed adrenaliniche risalgono con vigore, fino a schiantarsi in chorus convincenti ed in overdose di climax. Dieci brani concisi, a tratti persino lividi, nel quale il concetto di rinascita rinnega qualsiasi velleità spirituale, per sporcarsi le mani nel quotidiano e nelle complicate relazioni umane. Un’esigenza di rivedere il sereno, una luce diversa che possa conferire una prospettiva nuova al presente, poiché è impossibile parlare di futuro quando non si riesce neanche a vedere cosa c’è appena fuori casa. Se le dinamiche prendono dai conterranei Gazebo Penguins l’agitazione strumentale, e dai Fast Animals and Slow Kids la sensibilità delle liriche, è indubbio che nel progetto Cabrera ci sia un’autonomia ed un seguito tale, da rendere subito riconoscibile il loro sound.
Registrato all’Igloo Audio Factory di Correggio, Una Montagna in Casa vive di distorsioni evocative e di un’epilettica ripetitività delle armonie, ottenendo così un muro sonoro nel quale la voce s’infrange fragorosamente. Emozioni raccolte a grappoli nelle ballate ove i ritmi rallentano e gli arrangiamenti diventano più scarni e malinconici: un’energia ovattata s’irradia e batte forte nel profondo, smuovendo pensieri che credevamo sciolti e dispersi. La voglia di ripartire è subito chiara nella prima traccia del disco, Montagna si muove tra una ritmica che distribuisce dolcezza ed furore, mentre il cantato sofferto enuncia propositi di resurrezione: «perchè è passato troppo tempo ora ritorno a stare bene / hai detto non ne posso più e adesso il vento ha un altro sapore».
Non siamo dinanzi ad un disco di formazione, non c’è un’evoluzione degli stati d’animo, è il ritratto di un presente che reclama la sua parte: Valeria è lo strazio del non poter salvare tutti (spesso è difficile pure salvare se stessi), Giraffa l’accettazione del dolore passato, rivisitando la paura in forme meno spettrali e più gestibili.
Riff taglienti, cori posati nel momento giusto ed una propensione naturale nel creare trame sonore che trasbordano di emozioni, che esplodono sia a livello vocale e strumentale in ritornelli liberatori. Oxford ed la sua andatura amara («ma il peso che porto / non l’ho scelto io / non me lo ricordo», è probabilmente uno dei capitoli chiave per comprendere un disco vivo e costruito di vissuto; dalla caverna del proprio chakra ecco rinvenire le note di Silenzio, il cui oblio emotivo sublima in vertigini e pelle d’oca («ma quando hai perso tutto anche te stesso / puoi ricominciare a vivere»).
In Sei Diversa le movenze si fanno più aperte nel lungo intro, che poi detona in acidissimi power chords ed in interlocutori stop&go, che ne intensificano la polarità magnetica. Oceano I e II sono facce opposte di una stessa medaglia: corrosiva la prima, riappacificante la seconda, il tutto condito da un grande ermetismo lirico.
La parte finale del disco si apre con il soffice scorrere strumentale di Faro, incipit d’archi e nostalgia che apre le danze all’imprevedibilità di Stagioni, coraggiosa nel prendersi uno stacco funkeggiante a metà brano, per poi ritornare nella via maestra scatenando le distorsioni a pedale. Emblematico il verso finale «noi cambieremo il mondo / andrà tutto meglio / un giorno mi cancellerai», nel quale un dolce fatalismo cala sulla chiusura del disco.
Una Montagna in Casa (distribuito dalla V4V) è la conferma di cui i Cabrera avevano bisogno. Feroci e malinconici agli strumenti, veri e sinceri nelle liriche, il quartetto modenese suona della musica potente, senza seguire le orme di qualche -ora affermato predecessore- e senza l’esigenza di salire in alcun carrozzone indie-rock: con questo disco è corretto affermare che non suonano più come chi, ma suonano come i Cabrera. La consacrazione!
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