Un altro diverso Libertino: Pier Vittorio Tondelli

Pier vittorio Tondelli«Noi continuiamo a girare la piazza rincorrendoci e cantando come lupe in lunapiena, con la Nanni che a un certo momento dice “Fate tutte quante silenzio” e noi d’improvviso ci si stoppa e la si guarda. Lei allora prende fiato e poi butta fuori un “Veeeehhhh, ma te chi seiii!!!!!!” e noi capiamo e riattacchiamo in coro a squarciagola: “Son la mondina son la sfruttata e son la proletaria che giammai tremò-o-o” e si pedala sgangherate e si passa di corsa il portico del Broletto che sembra di stare a Venezia perché in alto c’ha degli archi e delle guglie ricamate e lì c’è il Cantinone dove prendiamo altra birra e poi ci buttiamo in piazza San Prospero che di notte è bellissima perché sul fondo c’è una chiesa con davanti quattro leoni di marmo grandi grandi tipo Duomo di Parma che ci si sta in groppa e occupano tutta la piazza tanto che sembran i quattro moschettieri. Noi buttiamo giù le biciclette e saliamo a cavalcioni e dominiamo la piazza così alte e ruggenti e se alziamo gli occhi c’è il cielo neronero con tutte le stelle che luccicano e sembra proprio di stare in un film longobardo e barbaro»

Pier Vittorio Tondelli – Altri Libertini (1980)

Il personaggio: Pier Vittorio Tondelli nasce a Correggio nel 1955 e dopo una giovinezza tra i libri, si laurea al DAMS bolognese nel 1980. Parallelamente scritti privati e collaborazioni politiche lo portano ad osservare e confrontarsi con il mondo giovanile a lui contemporaneo, estrapolando brevi racconti dal forte contenuto generazionale. Da questa base nasce Altri Libertini, composto da sei racconti il cui linguaggio esplicito ed a tratti volgare suscitò l’indignata e medioevale censura da parte del procuratore dell’Aquila. Tuttavia il linguaggio era solo una delle componenti (e forse la meno importante) per descrivere quell’universo giovanile che tra Bologna e Reggio Emilia pullulava di storie e di sogni spezzati dal conformismo dell’età adulta. Oltre all’attività letteraria, che vide la pubblicazione di altri tre romanzi fino al 1989 (morì di AIDS nel 1990), Pier Vittorio Tondelli si occupò anche di teatro e di giornalismo; e nonostante un sensibile cambio d’approccio nell’ultimo lavoro, Camere Separate, la fama dello scrittore rimase sempre strettamente legata al folgorante e dissacrante esordio.

Il lascito letterario: Pier Vittorio Tondelli è ed è stato Altri Libertini. Eppure superando per un attimo lo shock di questi sei racconti cult, e soffermandosi sulle tematiche e sulle vicende, è possibile comprendere per davvero l’essenza del messaggio che Tondelli voleva comunicare. Lo slang giovanile esasperato, una scrittura parlata e gergale che se ne infischia delle regole sintattiche, i riferimenti espliciti al sesso (spesso omosessuale) e il linguaggio scabroso tra bestemmie e eresie, sono tutti espedienti al servizio della vita che andava in scena in quel 1977 libertino e tragico allo stesso tempo. Sono le storie degli ultimi e degli emarginati, sono le piccole vicende e le grandi disgrazie delle vite di giovani che non si sentono integrati nel costume italiano di fine anni ’70, sono le carestie e le speranze sepolte dal terrorismo politico e da dei sogni che si spezzano ancora prima di essere maturi. Altri Libertini non cela con pudore la diversità, non la rende nemmeno speciale, ma ne delinea le quotidiane difficoltà; i gruppi di giovani (le Splash) o i luoghi abitudinari di ritrovo (il PostoRistoro o lo Sporting) diventano famiglie a cui rifugiarsi quando si è in cerca di protezione. L’affetto è manifestato con rancore e senso di colpa, come se l’essere diversi significasse per forza essere sbagliati, ed in questo vortice di emozioni contrarie, il sesso diventa uno sfogo animalesco, la droga un diversivo per continuare la salita, l’amicizia una merce fugace ma preziosa. Nel piccolo microcosmo emiliano ruota l’intera civiltà, eppure ci sono autostrade (Autobahn) che conducono a nuovi porti, ove lasciare le amarezze e le asperità, trovandone altre con interpreti diversi che espandono ferite diverse, ma sempre e perennemente con quel fardello che ti fa dire di “non essere come gli altri”. Se riuscite a reperire il documentario Lo chiamavano Vicky a cura di Enza Negroni vi fate solo del bene …

«Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade d’Emilia a spolmonare quel che ho dentro, notte solitaria e vagabonda a pensierare in auto verso la prateria, lasciare che le storie riempiano la testa che così poi si riposa…»

 

A cura de Il Gemello Cattivo
Il Gemello Cattivo heartofglass

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.