The Winding Sheet – Mark Lanegan

Capita spesso che il cantante, o la mente di una band, decida di prendersi un po’ di tempo per tuffarsi in una improbabile carriera solista. Spesso i risultati sono pasticci a metà tra le sonorità passate e bisticci commerciali piuttosto plateali. Non è assolutamente il caso di The Winding Sheet esordio solista di Mark Lanegan, performer degli Screaming Trees.

La leggenda narra che nel 1990 Mark Lanegan, folgorato dall’ascolto di Leadbelly (noto anche come Huddie Leadbetter, bluesman degli anni ’40) decida di confezionare dapprima un ep solista, poi particolarmente ispirato, opta per un album intero di 13 tracce. Lontanissimo dalla psichedelia degli Screaming Trees, si può apprezzare un Lanegan a tratti crooner, a tratti cantautore, a tratti poeta: sicuramente è il preambolo di cosa diventerà, con somma soddisfazione, negli anni a venire, una volta abbandonati i fratelli Van Conner. Come pensare di condensare in un unico disco, seppur molto rarefatto, le atmosfere blueseggianti di Leadbelly,  con la cupezza ed il cinismo di Tom Waits mesciata alla poesia pastello di Leonard Cohen … forse un azzardo direte voi; affatto! Ascoltare per credere.
A coadiuvarlo un sacco di amici e colleghi, da Jack Endino sporadicamente al basso, fino a Kurt Cobain alla chitarra in due brani, passando per l’istrionico organo di Steve Fisk e per le percussioni di Mark Pickerel (già con Lanegan negli Screaming Trees). Stando ad alcune indiscrezioni dell’epoca, il progetto in verità doveva riguardare la formazione di un super-gruppo con le “menti” Cobain-Lanegan, supportati da Krist Novoselic (Nirvana) al basso e Pickerel  alla batteria; c’era anche un nome, The Jury, tuttavia come ricorda il batterista degli Screaming Trees non se ne fece nulla: «Sembrava quasi che Mark e Kurt avessero troppo rispetto reciproco per dire all’altro cosa fare o anche solo per suggerirlo».

The Winding Sheet - Mark LaneganThe Winding Sheet inizia con Monkingbirds che mescola un set meraviglioso acustico con un pizzico appena di psichedelica, la voce sempre molto bassa (soprattutto come tonalità) di Lanegan regala un ottima ballata delicata e allo stesso tempo intelligente e tagliente. Decisamente alla “Leadbelly” è Museum, in cui solo la chitarra acustica accompagna il cantante, in una ballad secca che colpisce per intensità ed intimità di performance. Undertow e Ugly Sunday sono straordinarie prove del talento di Lanegan, non solo come autore (nei crediti anche Mike Johnson, che l’ha co-prodotto in Sub Pop Records) ma anche come compositore: a tratti un paragone con Leonard Cohen non è fantascienza. Wildflowers penetra sin in fondo all’anima, toccante, spensierata, evocativa: «In my mind I’ve done good things / And never cared why / And my mind is an open door, with nothing inside» Pur non essendoci hits radiofoniche in The Winding Sheet, sicuramente quest’ultima è quella che meglio rappresenta il disco.

Cobain partecipa come seconda voce e chitarra in Down in the Dark (potrebbe benissimo far parte in un disco sia degli Screeming Trees che dei Nirvana); essenziale e ben tirata è la più energica e musicalmente satura delle 13 tracce. L’omaggio maggiore a Leadbelly  è il rifacimento di un suo grande successo: Where did you sleep last night?; Cobain alla chitarra e Novoselic al basso accompagnano questa versione molto cavernosa e cupa di un Lanegan sofferto e misterioso. Decisamente un’altra cosa rispetto all’interpretazione dei Nirvana che lasciò senza fiato il pubblico dell’unplugged newyorkese: altra intensità, altre emozioni; ad ogni modo il risultato in questo disco è convincente. Da citare anche la title-track tesissima e crudele, con rintocchi di organo e qualche traccia di fuzz, e la più rilassante I love you little girl, molto apprezzata dai fans, orecchiabile e vagamente spensierata, che chiude in maniera degna uno dei dischi più intensi degli anni novanta.

The Winding Sheet ha solo il grande svantaggio, come del resto chi l’ha ispirato, di non essere un album conosciuto ai più. Un vero peccato perché è una perla indimenticabile, come lo saranno altri lavori solisti di Lanegan come Whiskey for the holy ghost (1994) e Scramps at midnight (1998), che meriterebbe  maggiore spazio e notorietà. Finito il grunge, e così anche l’epopea non sempre convincente degli Screaming Trees, Lanegan seguirà la sua ispirazione così come pure i suoi fantasmi. Epico!

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

 

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