The Last Slice of Cake – The Party Favors

Dalle atmosfere da festa studentesca di fine anno, dal bubblegum più appiccicoso e fluorescente che si stampa nelle sulla suola delle tue converse per poi farne per sempre parte, dall’altissimo tasso di zuccheroso no-sense da far venire il mal di pancia. Chiamiamolo pure volgarmente pop. E nessun messaggio da legare alla zampa dello sparviero più affidabile, nessun monito, nessuna preoccupazione: la vita è dannatamente bella! Impressioni da primo ascolto distratto … 

The Party Favors sono un quartetto che vaga per le vie di Perugia con una buona manciata di ottimismo, di buone intenzioni ed un fottutissimo sorriso sulle labbra. E mi chiedo come facciano! Merito sicuramente di The Last Slice of Cake un disco ricchissimo di suoni, di fantasia, ballabile dai zero ai novant’anni (poi l’udito se ne va!), un disco da giornata di primavera, un disco ove il rock si da alla macchia.
Primigenio mix che mescola senza troppa soggezione l’onirismo alla Lennon di I’m only sleeping con la freschezza di Death Cab for a Cutie, ottenendo un risultano tutto sommato vintage, dall’argento vivo addosso. Chi ci legge un pop-college alla REM degli esordi, chi un brit-rock alla Oasis; in realtà The Party Favors anagrammano la loro idea di musica e la trasformano in un convincente gioco di armonie orecchiabili sin dal primo brano.
Tuttavia, sarà un impresa far sorridere Gus! Vediamo dunque, come va la mission impossible … 

Teenage sa di bottiglia con tante bollicine appena stappata, un entusiasmo lacerante accompagnato da una chitarra acustica e da un ottimo arrangiamento: il broncio è già voltato, eppure la strada è ancora lunga. Bisogna essere individui positivi per apprezzare questo disco, Yes, weekend! ha lo stesso entusiasmo di un bimbo alle giostre. Un sound che annega nel digitale senza ritegno e senza rimorso, ma che sa regalare attimi di facile poesia grazie a giusti giri di chitarra che si muovono su accordi semplici e su pennate regolari. Niente singhiozzi, la torta va giù benissimo!

In Capri e Colours le ballate assumono contorni particolari: noto una sorta di malinconia di fondo, come un Thom Yorke che mima un sorriso. L’ impressione viene ripetuta nell’ottima Fringes and Big Noses, agrodolce miglior pezzo del disco. Niente di grave tuttavia, è tempo di un battito di ciglia, poi tutto rientra nei canoni dei buoni sentimenti, di come dovrebbero essere le relazioni interpersonali e di come in realtà non lo siano mai. Ma la band cerca di elargire i giusti consigli.  Winter of my Caravan si lascia andare in un crescendo strumentale abbastanza delicato da essere paragonato ad una pioggia estiva. Le radici pop sono profonde e gli espedienti delle tastiere rappresentano dettagli succossi, difficili da cogliere forse, ma questo è il trampolino per il salto di qualità. Unico neo nel finale: Just the beginning, brano promettente, che tuttavia nel tragitto si cimenta in un esperimento da boy-band, che mi lascia alquanto perplesso …
Anche il pop ha un anima, in fondo. Gus può quasi sorridere, ah ah ah …
Un disco da giornata di sole, un pezzo di torta che piacerà alle ragazze.


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recensito da Gus
 

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