Sweet Oblivion – Screaming Trees

Sweet Oblivion, sesto lavoro degli Screaming Trees è all’insegna del compromesso. O per meglio dire, lasciati da parte gli esperimenti di Uncle Anesthesia (1991), si ritorna sulle orme del capolavoro Buzz Factory (1989), tuttavia rendendo più accessibile il sound psichedelico della band di Mark Lanegan. Non dimentichiamo che rintocca il 1992 e la scena di Seattle (anche se ricordo che gli Screaming Trees poco hanno a che fare!) è una miniera di soldi per le majors. La produzione di Don Fleming è evidente e conferisce un tocco patinato ai giri di chitarra e basso spesso convulsi dei fratelli Conner. Abbandona invece la band, Mark Pickerel, sostituito da Barrett Martin, già con gli Skin Yard.

Sweet Oblivion - Screaming TreesLa fortuna del disco è Nearly Lost you, inserita nella colonna sonora del film pop-generazionale (forse solo nell’intento!) ‘Singles‘. I riff rimangono tipici del sound degli “alberi urlanti”, con qua e là colpi di slide accompagnati da corposi giri di basso. Sorprende la freschezza del risultato finale, meno tirato e cupo rispetto ad altri lavori; la voce roca e graffiante di Lanegan completa l’apoteosi. Un pezzo molto bello, nonostante sia lontano dai canoni grunge e degli esordi.
Sorte simile per Dollar Bill, l’altra canzone che trascina Sweet Oblivion al successo. Questa volta si vira con decisione su un pezzo acustico di qualità, con un breve ed imprevedibile coro prima di delirare con la rassicurante dose di psichedelica immancabile in ogni canzone. Sembra un pezzo da blues rivisitato, sicuramente prende qualcosa dal percorso solista che lo stesso Mark Lanegan ha intrapreso con The Winding Sheet (leggi recensione); convincono le liriche dimesse e deliranti «cause I see cleary, I see angels here bringin’ something to me, mother mercy» spesso toccanti fino al midollo.

Validissime More or Less e Shadow of the Season; la prima malinconica e tormentata, la seconda decisamente più urlata e con l’inconfondibile ripetitivo riff che strizza l’occhio alle atmosfere oscure dei primi lavori. La sorpresa sta in For Celebration Past che sembra far parte del repertorio dei R.E.M. del periodo di Out of Time. Si mantengono ad un livello accettabile anche Winter Song e Troubled Times, che prendono le atmosfere stagnanti e quel senso del pop da nientepopodimeno che i baronetti Beatles. Ammaliante specialmente la seconda, che non scade mai nell’ovvio, seppur paghi quel vizio di compromesso che è insito in tutto l’album. Un probabile omaggio agli Who è No one Knows.

Sweet Oblivion è un lavoro di buon livello; ispirato quanto basta, ma che mostra le prime crepe tra Mark Lanegan ed i fratelli Conner. Accessibile e senza grosse pretese, è un lavoro intenso ma meno sperimentale ed esagerato dei precedenti. Consigliato a chi non conosce gli Screaming Trees né tanto meno il rock sotterraneo (non me la sento di chiamarlo garage) sofisticato e contaminato di cui sono assoluti pionieri.

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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