Sirene Vetri Urla e Paperelle – Alessio Calivi

Cover_AlbumNella vita bisogna sapersi arrangiare, bisogna sempre fare tutto da soli. Rincorso dal poco tempo e costretto a correre su di un tappetto motorizzato orizzontale per sfogare le mie quotidiane indecisioni, trovo mezzora del rarissimo svago per aprire la cartella di Alessio Calivi e ascoltare qualcosa.
E mi accorgo ben presto che abbiamo qualcosa in comune. Anche lui si è fatto da solo, artisticamente nel suo caso, mostrandomi nella scarna biografia a cui posso attingere, una volontà ed una passione musicale che sin da giovanissimo lo porta su su fino a Milano dalla sua solare Reggio Calabria. Ed ancora prima di ascoltare Sirene Vetri Urla e Paperelle (ManitaLab/Self) intuisco che il mio orecchio farà la buona conoscenza di un artista interessante, e soprattutto di un artista che ha qualcosa da dire.
La sponda è quella della musica alternativa italiana (un mio caro amico direbbe: “alternativa a cosa?”), e di un compromesso molto maturo e bilanciato tra suoni distorti, chitarre graffianti, leggeri delay ed una base ritmica consistente cugina alla lontana di uno stoner piuttosto petulante. Ho schiacciato play da una trentina di secondi ed i primi versi recitano così: «Il sole è morto, sepolto sotto la mia merda». La sonnacchiosa corsa che stavo compiendo si trasmuta in uno spruzzo di rediviva energia, e mi dico che questo è un ottimo intro di matrice faustiana (no, no, non sponda Goethe; sponda Faust’O) ti si appiccica in testa e fa di Berlino una traccia omogenea: il biglietto da visita delle potenzialità di questo ragazzo. Rimugino, e mi dico che forse è ora di passeggiare un poco e concentrarsi sui testi, perché quello che Alessio Calivi vuol trasmettere all’ascoltatore è qualcosa di autentico, di vissuto, di rarefatto nella repulsione verso gli spessi muri dell’esistenza.

È l’energia del messaggio che si condensa magnificamente con le atmosfere sonore tese e nervose. Eppure già dalla seconda traccia, Jorge&Sheis, vengo accolto da una lenta ed onirica ballata su quelle relazioni umane che trovano nei contrasti e nei chiaroscuri la propria ragion d’essere. Nonostante la durata consistente, il brano si autoalimenta attraverso soluzioni molto dinamiche rendendolo tutto sommato scorrevole e piacevole all’ascolto. Ma un disco così spontaneo, sa toccare con poche parole l’anima, poiché le parole stesse provengono dall’anima dell’artista. Bucolico Post-Industriale è un manifesto poetico di autocoscienza, che fluisce denso lungo le sponde di un’armonia lenta, in cui gli archi sembrano cantare un disgraziato requiem di rassegnazione. Sono piccole perle, sono la dimostrazione di un grande potenziale non accessibile a tutti, perché ci vogliono le palle per ascoltare tutto questo, ci vogliono i lividi, le lacrime e tutto il resto. Allora trovano più accessibilità brani come Storia Stonata (vedi il video), ove prevale l’affabile parlata di una prosa quasi verista, oppure la spontaneità sputata di Palpitazione Isterica o quella ancora più marcata di Tutto bene, nel quale con leziosa e sopraffina rabbia, Calivi sbraita «Mi masturberò sulla fedeltà di una Patria che non collabora».

E’ la sensibilità, in tutte le sue sfumature, talvolta cruda e talvolta onesta, la chiave per leggere questo disco.
La nostalgica Per le tue Mani che sa quasi di commiato, mentre la title-track risplende nelle sue lunghe leve fatte di strati e strati di suono, il cui gracchiare sporco di chitarre (quasi sovtek anni ’80, per chi se ne intende) perde quando meno te l’aspetti le quelle frequenze spezzate per trasformarsi in un sospiro appena percettibile, una preghiera sottovoce. Chiudo la rassegna di questo disco complesso ma fottutamente vero, con Parctum nel quale Alessio Calivi estrapola tracce di vita vissuta (alla maniera parlata di Mimì Clementi): «Ti ho visto per terra, in centro, l’altra sera, avevi le unghie rotte, ginocchia graffiate e labbra gonfie…Eri bellissimo».
Mi riesce davvero facile parlare di lavori così intimi, perché è nell’immediatezza che risultano nitido il messaggio che Calivi vuole trasmettere. E badiamo bene, sottopelle c’è una ricerca musicale fine ed una disciplina armonica che merita rispetto e molta attenzione: semplicemente Sirene Vetri Urla e Paperelle è un piccolo gioiello!
É la Milano violenta di Alessio Calivi, era la Milano violenta di Fausto Rossi trent’anni fa.
La mia intuizione primordiale non sbagliava: permettetemi questo piccolo atto di vanità.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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