Schmilco – Wilco

Recensione controcorrente per questo ultimo disco dei Wilco, perlomeno rispetto a quanto letto nelle diverse webzine più o meno autorevoli. Schmilco in generale non sembra proprio essere piaciuto a chi ancora si culla sotto le note dell’inarrivabile Yankee Foxtrot Hotel (leggi recensione); eppure secondo la mia personale opinione lo reputo un disco onesto ed improntato sulla semplicità e quello che i Wilco sanno fare meglio: ballate folk moderne.
Un anno fa usciva Star Wars, eclettico e sperimentale capitolo della discografia di Jeff Tweedy & Co., ed anche questo lavoro fu infestato da commenti di alterna fortuna. Forse il punto è proprio questo, dai Wilco ci si aspetta sempre una perla indelebile, un guizzo fuori dagli schemi, una ballata color pastello che ricordi Jesus etc. ma che al tempo stesso suoni fresca e nuova da quanto già consolidato nel loro repertorio. Un tipo di aspettativa simile a quella che rapisce ogni volta qualsiasi uscita dei Radiohead; ma mentre la band di Tom Yorke cala assi pesanti con sperimentazioni che sono endemiche alla loro discografia, nei Wilco l’anima folk non può di colpo trasformarsi in qualcosa di completamente diverso!
Schmilco - WilcoI brani di Schmilco provengono dalle stesse sessions di quelli di Star Wars, forse l’unica pecca è stata proprio quella di non far uscire i due dischi a poche settimane di distanza l’uno dall’altro (come invece hanno fatto i Beach House nel 2015), certificando e giustificando la vena sperimentale del primo, ed un “tranquillo” e stratificato ritorno alle origini del secondo. Ad ogni modo Normal American Kids e If a Ever was a Child hanno i connotati per diventare dei cavalli di battaglia nei live della band: arrangiamenti sempre molto curati e quell’anima disillusa ed un poco slacker (ma proprio poco-poco!) rende meravigliosamente stagnanti i due brani. Per chi mastica di Wilco è quanto meno ridicolo affermare che al disco necessitino parecchi e ripetitivi ascolti, chi asserisce ciò forse vuole celare l’isterica foga di pubblicare una recensione prima di tutti, dedicandoci pochi e rapidi ascolti. Cry all Day ed il suo slide sfilacciato di chitarra, si stampano presto in testa, come del resto la ritmica sostenuta e mai e poi mai nevrotica. Vagamente critici e cinici, i Wilco non cambiano modus-operandi nella stesura dei pezzi, granitici e solidi nelle melodie, raramente concedono qualcosa all’improvvisazione fine a se stessa, forse solo la felina Common Sense si sottrae a questa logica, ed il risultato è comunque sontuoso ed elegante.
Il resto del disco concede solo certezze: arie beatlesiane (peraltro sempre presenti nelle dinamiche dei Wilco) nella dinoccolata Nore, o correnti bluegrass in Someone to Lose; ciascuna ballata raramente oltrepassa i 4 minuti, persino nella lenta ed infelice Shrug and Destroy  («I say good night / Leave the room unsatisfied / Like a child, I lie / Almost alone, not quite»). Da ricordare anche l’indimenticabile motivetto di We aren’t the World (Safety Girl), per non parlare del chorus sussurrato, che evidenziano la tristezza di fondo si Schmilco; lo stesso Tweedy si è sicuramente divertito in questo sfogo libero e purificatore, confessando di aver scaricato tutta «l’acidità verso le cose che mi danno fastidio». Dalle attitudini più personali anche Just Say Goodbye, che chiude con la solita e naturale malinconia di Jeff Tweedy un disco dai speciali connotati emozionanti.

Trattato come un capitolo minore della discografia dei Wilco, Schmilco probabilmente verrà ricordato solo per la copertina disegnata e curata (come tutto l’art-work) dal dissacrante umorismo nero di Joan Cornellà in collaborazione con Stefania Lusini. Un vero peccato, in quanto anche in questo decimo disco della band di Chicago, gli arrangiamenti mantengono livelli eleganti, figli di una ricerca melodica minuziosa ma anche molto istintiva che lega un brano al suo successivo in una progressione compatta ed omogeneamente brillante: nessuna ballata emerge sulle altre, e se questo può essere visto da alcuni come un difetto, allora sono ben felice che esistano dischi di tale ed immensa qualità.

 

recensito da Poisonheart 
Poisonheart hearofglass 
  

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