Rise – The Defiance

The Defiance - RiseDalla provincia di Oristano arriva l’eco di ritorno di un post-rock ruvido ma sostanzialmente orecchiabile seppur nelle sue piacevoli dinamiche distorte: così il secondo lavoro sulla lunga distanza de The Defiance si distingue per non essere ciò che sembra al primo e distratto ascolto.
Nati nel 2009, il quintetto trova ben presto la sua attuale quadratura suonando un rock sporco e baritono, girando la Sardegna e facendosi conoscere allo sparuto pubblico alternativo sardo anche grazie al primo lavoro From the ink of our skin (2013). Il resto è la naturale evoluzione di una band alternative-rock; la penisola diventa terreno di conquista e i Defiance ci mettono poco per convincere che la loro musica ha quel qualcosa che li distingue dalla massa: dalle spruzzate di uno stoner secco (l’apertura di I am the Ocean, ricorda anche i migliori Pumpkins), ad un buon armamentario di distorsioni ed effetti di modulazione, con rabbia e capacità tecniche che fanno egregiamente il resto. Eppure oltre la prima crosta c’è di più, confermato dal variopinto Rise, long-playing uscito in questo imprecisato settembre per la sempre puntuale Seahorse Recordings. Undici tracce che puntano forte sull’energia che il quintetto riesce ad evocare, ma senza alimentarsi di sole distorsioni o di riff ad effetto; tinte funky a volte appaiono per scomparire velocemente, tracce di un hard-rock impertinente -specie nei solo, vedasi Hold on!– e soprattutto un dinamismo che permette ai Defiance di variare velocità e volume in pochi giri di basso o chitarra.
Certamente il fatto di suonare insieme da almeno cinque o sei anni, permette a Filippo Sanna (voce), Luca Cadeddu (chitarra e voce), Edoardo Vaccargiu (chitarre solista e voce), Mirko Rossi (batteria) e Fabio Manca (basso) di trovare presto una amalgama immediata e convincente. Dal grunge bagnato di candeggina (o ad un hard-rock rallentato stile Melvins) di I hate to speak, passando per i power-chords ondeggianti di un post-punk nineties in Genetic Smile, è possibile notare un interessante ventaglio delle possibilità che i Defiance possono offrire. Se la fuga e l’inseguire il proprio istinto sono ormai concetti assordati, nella band permane un grande senso di umanità che viene cantato attraverso immagini dirette e metafore più sofisticate; il messaggio è in fondo sempre quello di credere nelle proprie possibilità e la storia dei Defiance lo dimostra.
In maniera analitica, ogni brano deflagra sin dall’incipit potente, per poi prendere una strada completamente propria, vedasi ad esempio Kid and the Cloud che depurata dalle distorsioni diventa una godibile ballata con picchi di nostalgia. Rise, il singolo scelto per promuovere il disco (vedi videoclip)
, rivela qualche altra freccia all’arco della band, che decide di mettere da parte l’immediatezza che li ha fin qui contraddistinti, per rilasciare l’adrenalina musicale un poco alla volta: il risultato è un brano che urla fuori dal coro, e lo fa anche bene!
L’ascolto prosegue con l’arrembante heavy di Sin City, le cui percussioni esplodono in un martellante ritmo ubriacante, dall’andatura complessa è The Radio will Sing for the Loner (che ricorda nello stile di chitarra i più ispirati Muse), mentre in Under the night sky i tempi rallentano che è un piacere, delineando delle nuove possibilità per la band: un maculato sound mediterraneo e malinconico che potrebbe essere, secondo il mio personale parere, una carta vincente per le successive evoluzioni dei Defiance. 
In chiusura Like a Thunder offre una bella citazione dalla pellicola The Place Beyond the Pines, cogliendo il senso delle cose con una sensibilità che è sempre stata endemica nella band, ma che finora aveva subito il peso delle distorsioni e dei cambi di tempo: qui è rilasciata limpida e crudele in tutta la sua verità.

Rise è il disco della svolta per i Defiance, secco ed empatico, si divide in undici brani che raccontano molto della band e di quello che li circonda, senza che questo possa essere un limite personale, ma anzi la capacità di farlo con grande empatia, permette al quintetto di risultare da subito piacevole e rabbioso, facendo dell’immedesimazione un’esperienza formativa e non una ruffianata di frasi fatte ed esperienze comuni. E questo non è da poco!

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recensito da Poisonheart

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