Repeater – Fugazi

Nella piccola comunità musicale di Washington D.C. dopo la prima ondata hardcore marchiata Minor Threat le cose non erano più come quei fastosi primi anni ’80. Skinheads e violenze gratuite ai concerti e non solo, gravavano su una città già di per sé corrotta e poco appetibile alla musica punk; così la scena che duramente la Dischord Records di Ian MacKaye aveva aiutato a promuovere fu lasciata correre per la propria strada, mentre la label stessa cercava di promuoverne un’altra fedele ai principi ed alle intenzioni originali della prima generazione hardcore.
«La realtà del cuore contrapposta alla realtà della violenza», in questo nuovo motto della Dischord si può riconoscere quello che era il vento che tutti i punk straight edge volevano inseguire; e dopo qualche mese di incertezze e fallimenti finalmente un piccolo squarcio si aprì grazie alla musica dei Rites of Spring di Guy Picciotto.
Suonare disperazione ed emotività così nuda e veritiera rappresentava una novità per la scena musicale locale, così i Rites of Springs si fecero portavoce di una nuova schiera di giovani fortemente legata allo stile di vita punk che la Dischord aveva promosso sin dai suoi primi giorni; tuttavia la band durò appena quattordici concerti prima di sciogliersi definitivamente dell’inverno 1985. Tuttavia l’alone di novità che la band aveva smosso rappresentava un segno di rottura verso la scena hardcore, la violenza e la rabbia era solo figurata, si manifestava nei testi e nelle linee melodiche, e talvolta negli atteggiamenti sul palco, come ricorda Picciotto: «Ferirti mentre suoni la chitarra è infinitamente più nobile che startene seduto a piagnucolare da qualche parte».

Fugazi - RepeaterIan Mackaye, sempre vigile ed attento all’evolversi della scena locale, aveva colto le stesse istanze con i suoi Embrance, ma anche qui l’esperienza musicale si esaurì in pochi concerti. Eppure se con i Minor Threat i suoi proclami erano rivolti al pubblico o al singolo, in questa nuova esperienza anche il suo modo di scrivere le liriche mutò verso un’introspezione più ragionata, mettendosi spesso a nudo con emozioni, timori, sensazioni e cercando di smuovere le coscienze di chi lo ascoltava. Assieme al bassista Joe Lally, MacKaye iniziò a lavorare ad un nuovo progetto, coinvolgendo anche Brendan Cantry (già con i Rites of Springs): i Fugazi suonarono il loro primo concerto nel settembre del 1987.
I Fugazi presero sonorità reggae e funk, rallentano al massimo i ritmi ma continuando a suonare con grande intensità, il terzetto chitarra-basso-batteria regalava grandi emozioni, saltando l’ostacolo hardcore e tutta la simbologia che si portava appresso. Guy Picciotto seguiva moltissimo la band dell’amico Cantry, desideroso di entrarci a suonare nonostante una sorta di referenza e rispetto verso la figura di Ian MacKaye. Il corteggiamento durò qualche mese e qualche concerto (con Picciotto ai cori o in veste scenica) prima di diventare amore vero e proprio entrando in pianta stabile nei Fugazi e scrivendo a quattro mani con MacKaye i testi.

Repeater (1990) è il risultato di un percorso di affinamento musicale che aveva visto i Fugazi muovere i primi passi primordiali in Margin Walker e 13 Songs (entrambi del 1989), arrivando a collimare l’energia di un post-hardcore adulto con dinamiche frizzanti e variegate di un basso funk e di trame melodiche molto aperte ad influenze etniche e reggae, ed arricchendo la musica con sporadici ma efficacissimi stopo & go in grado di catalizzare sempre l’energia delle liriche.
Reapeter è un bell’ascoltare, e ben presto ci si accorge di essere dinanzi ad un sound completamente diverso e ben più raffinato del solito hardcore mordi e fuggi. La Rickenbacker di Picciotto (la chitarra resa celebre dai Byrds) garantiva suoni più aperti ed acuti che s’inserivano alla perfezione nel granitico sound della SG di MacKaye, conferendo quel tipico timbro chitarristico che possiamo udire nella monumentale Turnover che mantiene i dettami punk della prima ora (You just stop it up / Pass it on / Shove it to shelf it / To leave it off and turnover)… e che dire di quel basso petulante che non ci abbandona per tutto il brano?!
L’inno per eccellenza è presto servito, in versi d’apertura come «When we have nothing left to give / There will be no reason for us to live», mentre basso e batteria preparano il terreno per un crescendo costante che deflagra nel chorus «We owe you nothing / You have no control»: Merchandise è l’apice del disco dall’energia ai proclami anti-materialistici di MacKaye.
Repeater diventa così un concept verso una certa indipendenza economica che possa fronteggiare il consumismo esasperato che si paventava anche nei vicini anni novanta. I ritmi più meditati ed intensi di Blueprint (Never mind what’s been selling / It’s what you’re buying) o la furia stop & go di Greed sono i legami ideali con il primigenio hardcore losangelino, il tutto però suonato e cantato con rinnovata maturità ed ottimi arrangiamenti, che rendono questo disco anche un capolavoro in fase di produzione (registrato ovviamente agli Inner Ear Studios).  Privilegiando il tema del materialismo ci sono anche lievi variazioni di tema dalla tenebrosa Two Beats Off a qualche riferimento alle droghe in Shut the Door, rimarcando con tinte meno evidenti il concetto di straight edge.

Album di fondamentale importanza, Repeater ha raccolto buone note di vendita per la Dischord ed ha rappresentato una valida alternativa al rumore che da Seattle ed Olympia stava pian piano invadendo gli Stati Uniti. I Fugazi come mentalità, ideali ed approccio alla musica sono stati molto più vicini di quanto si possa immaginare ai Minutemen nel panorama indipendente, tracciando la strada per i successivi anni novanta a chi non voleva conformarsi al carro del grunge. Inoltre la carica esplosiva dei testi ha ancora tanto da insegnare alle generazioni successive, poiché proclami come «You are not what you own» sono uno stile di vita!

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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