Radice di Due – Palkosceniko al Neon

I Palkosceniko al Neon gli avevamo lasciati nel lontano 2011 con Lucas (leggi recensione), e poi li avevamo dati per dispersi o peggio ancora per dissolti; invece grazie al cielo (e nonostante tutto, sic!) eccoli in questo bisesto anno con un’uscita feroce e matura: Radice di Due è il passo della svolta.
Quasi un mezzo concept-album, che stavolta veste i panni borghesi del raggiungimento di quella maturità tutta trentenne, che si trova dinanzi agli “impegni” inderogabili della famiglia e delle consuetudini di “eh, ma così fan tutti“. Un rigurgito rabbioso, lo stile dei Palkosceniko al Neon non cambia, combo di percussioni e power-chords pesanti al servizio del cantato di Stefano Tarquini lancinante e viscerale, senza peli sulla lingua. Le trame di chitarra (Emanuele Salvatori e Enrico Puliti) sono più profonde ed affinate che in passato, senza tuttavia rinunciare a quell’esplosività endemica che ben si sposa con la sezione ritmica dinamica e sempre sopra le righe di Daniele Antolini e Federico Cinquegrana. La solita repulsione alla prigionia capitalistica e consumistica a cui sono sottoposte le nostre vite, ritrova nuovo slancio alimentandosi di scenari più maturi: dal massacro di spirito durante i giri di orologio del posto di lavoro, agli attriti “edipici” famigliari, passando per quelle incomprensioni (spesso insanabili poiché ricolme d’orgoglio ed egoismo) degli affetti più sinceri, come amore ed amicizia.

Radice di Due - Palkosceniko al NeonL’intensità della carica sovversiva è sempre vigorosa, tuttavia una riflessione più profonda di delinea tra i versi degli undici brani che compongono Radice di Due. L’immediatezza e l’urgenza di comunicare emozioni primitive lasciano lo spazio ad analisi fredde ed incontrovertibili, urlate con la solita spinta e l’immancabile sagacia; in Re Nudo il tappeto musicale è abrasivo, tuttavia i Palkosceniko al Neon si fanno più misteriosi e poetici nella loro invettiva contro i massimi sistemi di controllo. Un lucido pessimismo corre lungo melodie acriliche, una staticità di pensiero che diventa cronica e stagnante, portando inesorabilmente ad un finto appagamento che fa rima con tacita resa. Tempi Moderni e Mangia insieme a Noi, tracciano benissimo questo percorso obbligato, fatto di consuetudini e comportamenti impostati, di tappe da compiere quasi ogni vita fosse uguale ad un’altra, lungo un conformismo da unità di produzione, tanto bieco quanto trito e ritrito. Il prezzo da pagare per la propria libertà di pensiero è l’isolamento, poiché non vi è spazio oltre i canoni di una società e di una cultura immobile ed in opposizione alle voci fuori dal coro. Uno scenario macabro e desolante che trova in Quello che non Voglio una stregua resistenza, una battaglia in trincea dall’esito forse scontato, che colora col bianco e nero delle incomprensioni il ritratto della famiglia italica 2.0. In Radice di Due i Palkosceniko al Neon mostrano qualche bella variante compositiva, facendo duellare le chitarre su livelli differenti, rallentando i ritmi quando necessario, per accelerare subito dopo; in La Paura in Tasca e in Dilinger vengono rimarcati ed accentuati sia il disagio interpersonale verso l’esterno sia quella mancanza di confronto fra le persone.

Otto ore evidenzia la contraddizione di questi tempi globalizzati: o la stagnante routine delle otto ore massacranti e continue per sei o anche sette giorni la settimana, o la mancanza cronica di lavoro senza possibilità di ritorno; in entrambi i casi la vita assume pose ed umori deprimenti e depressivi. In Passo Falso (feat. Diego Pandiscia degli Underdog) l’andamento è feroce ma estremamente dinamico, mimando ad uno stoner modificato geneticamente, mentre nei due minuti e spiccioli di Omicidio si condensano tutte le ultime energie vocali e strumentali dei Palkosceniko al Neon.
Chiudo con la bella Sorella Minore, nel quale i ritmi rallentano e si puliscono dalle tossine delle distorsioni, per brillare di un cinismo decadente e melodico colorato anche dalla voce roca (e piuttosto riconoscibile) di Daniele Coccia de Il Muro del Canto: un bel cambio di rotta, magari da approfondire nel futuro prossimo.
Radice di Due è un bel ritorno per i Palkosceniko al Neon, che mostrano di non aver perso il vizietto del passato di urlarci in faccia tutta la loro alienazione, eppure allo stesso tempo si affacciano anche modi ed approcci meno incazzati e più riflessivi, portando così la band a confrontarsi con soluzioni musicali diverse, interpretate con quella vena rabbiosa che viaggia sempre in direzione ostinata e contraria.

Palkosceniko al Neon bandcamp
Palkosceniko al Neon facebook

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.