Pelle Insolita – Damash

Il sud si riscopre (ma per i veri “cacciatori” di suoni non è una novità) fucina rock interessante, nonostante venga sempre risparmiato dai grandi eventi concertistici! Probabilmente è questa una delle ragioni del proliferare di band con tanta voglia di mettersi in mostra, in palcoscenici striminziti alla ricerca di quei tanto favolosi “15 minuti di celebrità”. Citazioni pop a parte, lo scenario musicale del sud Italia meriterebbe un approfondimento non banale, cogliendo e  diversificando tutte le “mini-realtà”, dei microclimi musicali che talvolta stupiscono per originalità e bravura.
Da Potenza il rock ruggisce con insospettabile fantasia; i Damash evitano l’esercizio di bella calligrafia e propongono un sound, tendenzialmente rock, eppure contaminato da influenze più o meno originali. In Pelle Insolita, la retorica delle band commerciali viene spazzata via con decisione tanto da sviolinate hard-rock, quanto da lente ballate pop. Il tutto immerso in suoni acidi, a tratti ruvidi, con quel pizzico di elettronica usata con intelligenza (vedasi l’acrilica title-track, sommo manifesto di tutto il disco).

Sound coeso, senza incertezze che non segue necessariamente schemi predefiniti; chitarre dotate di potenti riff anfetaminici, che gettati nel marasma rock in power-chord generano un apprezzabile mix: Gus non crede nel dio indie, quindi non definite i Damash come tali!
Reminiscenze non casuali agli anni novanta più veri e maturi; a tratti ricordano forse i primissimi Litfiba, ma non perdetevi troppo in false analogie (il dilemma però si fa interessante in Domenica), in questo caso il rock è maschio, non maschilista! Accessibile nelle liriche, i Damash si esprimono con semplicità senza creare giochi mentali troppo ingarbugliati; parlano ai loro coetanei, e lo fanno come se li conoscessero tutti, uno ad uno.
Briciole di un blues malato in Casa del Vino, mentre in Copia & Incolla riconosco uno stile Skunk Anansie cantato alla Chris Cornell, azzardo calcolato il mio, eppure l’impressione è quella. Da segnalare la profondità (e puntualità in certi frangenti) del testo: nice try!

Il meglio della band è ascoltabile in due brani rock da ballroom; in Lo strano senso, ottimo il duello tra le chitarre affogate in fangose melodie pizzicate, controbilanciato dai nembi del basso che incute un proverbiale strato di cupezza. Più frizzante eppure più canonica e scontata è Autunno Rosso; ottima per un singolo a parer mio! Da citare il nervoso e nevrotico martellare della batteria in Martino Derelitto, brano tra i migliori della seconda parte di Pelle insolita.
Un disco che dovrebbe far vergognare certi talent scout da reality: la passione della musica nasce negli scantinati, non per tv! Consigliabile a chiunque ne capisce qualcosa …

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recensito da Gus
 

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