Murmur – REM

Forse per noi italici, il concetto di college-radio può sembrare lontano dall’immaginario di tutti i giorni (nonostante esistano anche in terra tricolore!). Qualcosa di visto solo nei film targati US, specie nella stagione di Breakfast Club (1985) e di tutta quella filmografia rivolta al mondo dei campus universitari. Eppure negli Stati Uniti la tradizione delle college-radio è un qualcosa di assolutamente consolidato e che nella prima metà degli anni ’80 portò alla ribalta i band come Replacements, REM, Sonic Youth e molti altri. La musica alternativa trova così lo sfogo naturale nel quadrante sinistro delle radio, nelle frequenze basse ove queste solitamente trasmettono. Il punk hardcore e l’ideologia DIY (do-it-yourself) sono delle componenti importanti per l’ispirazione musicale di queste band e per l’approccio non convenzionale; anche se per Michael Stipe, fu l’ascolto di Horses di Patti Smith il catalizzatore per creare questa nuova musica. Quattro ragazzi della città universitaria di Athens in Georgia imbracciano gli strumenti ed improntano uno stile che oggi definiremmo indie, ma che in realtà prende in prestito alcune sonorità wave senza prostituirsi nell’uso di synth o tastiere. 1.000.000 è il primo brano tratto dall’ep d’esordio Chronic Town e rassomiglia ad una Boys don’t Cry più scanzonata, naturale e “sudista”. Una forma naif di intellettualismo pervade la musica degli REM, che complice delle dinamiche di basso molto accentuate ed uno stile chitarristico cristallino (Roger McGuinn insegna) ed arpeggiato rendono la loro proposta piacevole da ascoltare ed appetibile al giovane pubblico universitario.

Murmur - REMMurmur viene pubblicato nella primavera del 1983 -in piena epoca reaganiana- e mantiene intatte sia la vocazione per una musica alternativa e la propria indipendenza, sia la facilità d’ascolto. Trascinata da Free Radio Europe (dal nome di una radio americana di Monaco di Baviera che trasmetteva principalmente per i paesi sotto l’egemonia sovietica) il disco rappresenta un successo ben accolto dalla critica alternativa e dal pubblico collegiale. Gli ingredienti sono gli stessi che contraddistingueranno per quindici anni la musica del quartetto originale degli REM; il finger-picking byrdsiano della chitarra di Peter Buck (la migliore mano destra del rock!), i ritmi sostenuti e variegati del basso di Mike Mills e il trasporto entusiasta della batteria di Bill Berry. Il tono del cantato di Michael Stipe rende il brano sospeso tra una ballata post-punk ed una nostalgica parabola pop. Tuttavia le influenze wave non sono sparse, anzi, l’intro acido di basso in Pilgrimage è una sfida per le band inglesi che contemporaneamente in Europa sperimentavano i primi vagiti darkeggianti. Il disco è contaminato dal southern-gothic di Athens (e della Georgia in generale, una costante nella discografia degli REM), e Talk about the passion anticipa di dieci anni quelli che saranno i cavalli di battaglia di Stipe e compagni, attraverso uno stile asciutto ed un uso pop della voce raddoppiata nel chorus finale. Al David Letterman del 1983 si presentano come quattro studenti nerd, Michael Stipe con riccioluti capelli lunghi portati a coprire gli occhi per nascondere l’acne, le facce pulite di Mills e Berry: sembrano più vicini al diploma di laurea che al successo delle classifiche. Eppure dal 1980 fino al successo di Document (1987) gli REM non smettono mai di susseguirsi in tour in lungo e largo per l’America e per l’Europa.
Altri brani da segnale in Murmur sono certamente Moral Kiosk con quel giro di chitarra ipnotico e ripetitivo, oppure la tensione quasi underground di Catapult che man mano che passano i secondi si trasforma in una ballata soffocata dalla voce biascicata di Stipe che d’improvviso si apre in un più limpido “Catalpult, Catapult” nel ritornello; o ancora l’avanguardia di 9-9 che disegna quasi le impronte di quello che sarà l’underground fangoso di Seattle; o infine la folklorista Shaking Through.

Consiglio di ascoltare Murmur cancellando la consapevolezza di come si sono successivamente evoluti gli REM (niente Losing my Religion, niente iconografie recenti); piuttosto vorrei porre l’accento sulle origini di queste college-band e di come attraverso una passionalità disperata ed lotta per il controllo della loro personalissima musica, hanno gettato le basi per tutto quel rumore che nei primi anni novanta è imploso in un urlo affogato in litri e litri di fuzz e distorsioni.

Ascolta Murmur qui

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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