Mudhoney – Mudhoney

Finalmente ecco il primo disco a tutti gli effetti dei Mudhoney. Lasciati da parte i lanciatissimi singoli che hanno caratterizzato il primo ep, la band di Arm e soci decide di non cambiare troppo rispetto a Superfuzz Bigmuff. In cabina di regia sempre il solito Jack Endino, profeta del grunge,  con le sue “ruvide raffinatezze” fatte di tanto rumore, feedback e fuzz. Più che non sentirsi pronti per una major, i Mudhoney, non ne sentono l’esigenza. Mark Arm:«Personalmente preferisco fare un disco che verrà totalmente ignorato, piuttosto che compromettermi in nome del successo. In fin dei conti, anche Stooges e Velvet Underground furono perlopiù ignorati dal pubblico loro contemporaneo. Ma dieci anni dopo …»
L’influenza specialmente della band di Iggy Pop è essenziale per capire i loro dischi. Non è una novità insomma, riff acidi e graffianti, batteria possente con Dan Peters in gran forma, e l’inconfondibile isterica voce di Arm … eppure siamo lontani dall’energia prorompente degli esordi in 7″.

Mudhoney - MudhoneyThis Gift apre il disco e praticamente ne rappresenta il marchio di fabbrica. Sembra uscita da Detroit (come spesso capita ascoltando i Mudhoney) anziché dai dintorni di Seattle. Non si rimane indifferenti dal quel lieve tocco di tremolo ruvido come carta vetrata. Possente ed efficace fa da linea guida di tutto il disco. Get into yours riprende il discorso lasciato in sospeso dalla fortunata Touch I am Sick; nervosa e veloce, la chitarra di Turner infierisce con assoli sconclusionati, disimpegnati in perfetto stile punk: oramai il sound dei Mudhoney può fare scuola. Viene riproposta You got it, anche se rispetto alla versione del singolo perde in vitalità, preferendo scendere nel garage più tradizionale. Sorprendente invece la traccia completamente strumentale di Magnolia Carboose Babyshit, che probabilmente se accompagnata da un testo efficace poteva rappresentare una piccola pietra miliare per questo disco…
Here comes sickness è un altro classico, la formula è sempre la stessa: fuzz, batteria possente, e la voce sgraziata, talvolta fastidiosa di Arm. Sembra invece fare il verso agli ex colleghi dei Green River Running Loaded, che risulta essere il pezzo più calmo e meno fangoso di tutto il disco. Tocchi di raffinatezza per When Tomorrow Hits, che senza azzardi la paragonerei a We Will Fall degli Stooges, ipnotica, ripetitiva, ritmicamente lenta, ricorda qualche esperimento anfetaminico di Reed-Cale.

Prodotto mentre la band era in tour per promuovere Superfuzz Bigmuff, Mudhoney risente della pressione di fare un gran disco dopo i buoni esordi. Nel 1989 l’orbita delle band Sub Pop stava toccando le riviste mainstream che iniziavano interessarsi a cosa stava accadendo nella sperduta Seattle, e di conseguenza il disco perde quell’oscura e misteriosa incisività che ne l’avevano fatta grande in Inghilterra durante il tour dello stesso anno. E’ il preludio della rivoluzione grunge, è il preludio della fine dell’indipendent …

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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