Moseca – Djeco

Misteriosi e taciturni i Djeco da Prato consumano corde e bacchette senza pensarci tanto. Velocità ma non solo, poiché Lorenzo “Blanco” Sguanci (basso) e Mattia Betti (percussioni) sanno anche imprimere quel groove mezzo funky e mezzo squadrato, che nonostante l’assenza di una sei corde non sente il peso di alcuna mancanza. Il progetto Djeco nasce forse un po’ per gioco, o forse per mettersi alla prova verso un orizzonte musicale poco battuto, poco appetibile al mainstream, ma sicuramente onesto in una proposta minimale nel quale si riconosce una certa ricerca armonica.

Moseca vive di sola sezione ritmica, come in una lunga jam fusion, il duo progetta alchimie spettrali colorate qua e là da samples di contorno che nulla tolgono alla struttura pressante di una batteria impertinente e di un basso attimo e spocchioso. Lo-fi a dosi massicce sia nella produzione piuttosto grezza (ed ugualmente bella), sia nella cover art che mostra i Djeco quasi come se fossero agli albori della Grande Guerra di Monicelli. Il ritmo sincopato di Perfect Risotto ad esempio, evidenzia una concezione molto indipendente della musica, nonostante le carenze melodiche strutturali, il brano mantiene una propria identità, malata forse negli urlacci finali, ma pur sempre coerente con l’immagine del progetto.

Djeco - MosecaCome recita la loro smunta presentazione, Moseca nasce dalla “passione per l’internet, i tempi dispari e Paola Cortellesi”, e se l’ironia è dietro l’angolo, l’approccio lascivo verso la musica non deve essere confuso con poco impegno. Nei quattro brani di questo ep, si evince una forte sfida verso la musica indipendente che non vuole essere “indipendente” ma che si adatta ad esserlo per esigenza. Qui sono insite idee malsane e geniali allo stesso tempo, poiché nessuno mai metterebbe su una band senza l’approvazione di una sei corde che possa dare distorsioni ampie e melodie acriliche. Eppure i Djeco riescono a mettere in pista un dischetto nel quale la sperimentazione apre le braccia ed avvolge l’ascoltatore, destabilizzandolo, ma apportando visioni nuove alla faccia di quelle cose un po’ cantautorali, un po’ naif, che spesso si sentono. Sanguisugo è terribile nei suoi quattro minuti d’odio, come può essere ammiccante Buona Camicia a Tutti, citando l’immortale (qualsiasi sia l’accezione del termine) Maurizio Costanzo in uno dei tormentoni pubblicitari degli anni ’90. Nonostante la paraculata sagacia di Costanzo, il brano evolve in un litanico ritmo che disegna armonie concentriche e che poi sfociano in un graffiante noise ritmico. Bella ma anche complicata come questo esagono apre le danze di questo Ep (che ho volutamente recensire al contrario!) mostrando gli ingredienti col quale avevo introdotto la musica Djeco. L’amalgama è buona e nel primo minuto si aspetta inutilmente l’entrata di una chitarra che spezzi la tensione di batteria e basso, invece il sospirato cambio avviene ma con i medesimi strumenti, il resto lo fanno gli effetti anfetaminici di sottofondo: un denso e crudo abbaiare che non porta a nulla.

Moseca è un esercizio ironico, spaziale e forse inconcludente, ma ha il pregio di insinuare il dubbio nell’ascoltatore acuto della prima ora, poiché i Djeco aprono la mente e costruiscono un monumento alla sezione ritmica, da sempre bistrattata, e colgono a pieno quella follia e quella voglia di stupire ed aggredire che è la natura stessa della musica alternativa indipendente.

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

 

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