Mellon Collie and the Infinite Sadness – The Smashing Pumpkins

Le “zucche” di Billy Corgan sono tra quei gruppi che per davvero hanno segnato indelebilmente i primi anni ’90. Tormentati e contraddittori, in perenne inseguimento alle bizze del proprio deus ex machina, fautore di quella tristezza cosmica adolescenziale di cui, dopo la morte di Cobain, è diventato massimo, geloso e quasi unico custode.
I Smashing Pumpkins spesso si sono trovati in lotta con loro stessi, e a vivere sulla propria pelle circostanze spesso sinistre ed oscure circoscritte in quei ruvidi anni ’90 (dalla morte del tastierista Jonathan Melvoin durante il funesto tour del 1996, al peso di “portavoce” di una generazione che aveva perso fin troppi riferimenti, passando per la morte di una giovane fans durante un concerto al The Point Theater di Dublino). Vicende che hanno minato la stabilità del gruppo (l’allontanamento nel bel mezzo del tour europeo di Jimmy Chamberlin, identificato come responsabile della morte di Melvoin) e forse una certa credibilità mainstream, ma che hanno di certo alimentato “infinita tristezza” tanto cara a Corgan.
I Smashing Pumpkins non possono essere di certo annoverati tra le creature grunge (nonostante siano attivi dai primi anni novanta) in quanto il loro bagaglio musicale ha inclinazione decisamente diverse; tuttavia ne hanno cavalcato i confini, come in bilico su una lametta, spesso e volentieri sanguinando. Un rock acido, potente nell’esplosione di chitarre elettriche baritone e rombanti che giocano facilmente sullo schema lento-veloce-lento, mentre la sezione ritmica è avulsa da una vena malinconica talmente cupa da risultare imprescindibile (oltre che meravigliosa) nel sound della band. Capaci di creare un disco ruvido e viscido come Siamese Dreams (1993), per poi gettare le basi su un progetto decisamente impegnativo (e qui un pizzico di megalomania c’è tutto!) ed un ambizioso nel doppio-lp con velleità concept come Mellon Collie and the Infinite Sadness, uscito nell’autunno del 1995.

Mellon Collie and the Infinite Sadness -The Smashing PumpkinsSe nelle aspettative questo doveva essere una sorta di The Wall della sua generazione; Billy Corgan sviscera un rock-teen-pop efficace, empatico, cercando di valorizzare quella teenage angst attraverso connotati più emozionali, scavando nell’essenza dell’alienazione. Un concept album sulla vita, sulla morte e sul dolore (il vinile è diviso in Dawn to Dusk e Twilight to Starlight come a segnare l’andatura del giorno e della notte), temi che se oggi sembrano troppo altisonanti per un album rock, all’epoca rappresentava la vera attualità. Con questo approccio così evocativo si spiegano brani viscerali e stralunati come la barocca Tonight Tonight o la disperata Zero. Le chitarre levigate e celestiali che sembrano piangere lacrime anziché accordi della prima; con anti-inno d’amore e di commiserazione che porta irrimediabilmente ad un completo auto-annullamento dell’individuo, della seconda, nella quale chitarre e distorsioni ruggenti d’odio e disperazione intonano liriche spiazzanti «I’m your lover, I’m your zero, I’m the face in your dreams of glass».

Mellon Collie and Infinite Sadness rappresenta anche l’apice compositivo dei Smashing Pumpkins e dello stesso Corgan, con la migliore formazione di sempre in splendida forma: un James Iha assolutamente divino (nonostante venga messo in ombra dall’ego smisurato di Corgan), con il basso portentoso e variopinto di D’Arcy Wretzky e la carica distruttiva (in tutti i sensi) della batteria di Chamberlain. Bullet with Butterfly Wings è il primo singolo, nel quale i Smashing Pumpkins assassinano l’udito e l’anima degli ascoltatori: il ritmo tribale iniziale di basso e batteria viene spazzato via da un uragano sonoro fatto di violenti e graffianti riff di chitarra, in cui non esiste limite al livello di gain. La gracchiante voce di Corgan sputa veleno a ripetizione: «And I still believe that I cannot be saved», in uno splendido bagno di puro nichilismo nineties !
1979 è il pezzo più radiofonico del disco (coadiuvato anche da un videoclip che Mtv non tarda a mandare in onda); una ballata intrisa di nostalgica alienazione, ove lo smarrimento, l’indecisione, la noia, rendono tutte le emozioni rarefatte, complice un arrangiamento ritmato e ammaliante: «To see that we don’t care to shake these zipper blues and we don’t know just where our bones will rest».
Nonostante quattro singoli azzeccati, così potenti e così diversi tra loro, in alcune occasioni non sono sufficienti a reggere un disco complicato nelle soluzioni troppo leziose di alcuni brani e dal minutaggio doppio rispetto al normale. Ad un certo punto di Mellon Collie and Infinite Sadness sembra che Corgan si intestardisca in una ricerca raffinata di nuove soluzioni musicali, venendo meno all’immediatezza degli esordi: Porcellina of the Vast Oceans è esageratamente articolata nei suoi statici 9 minuti e mal si inserisce accanto a potenti raffiche rock come l’immediata Jellybelly, che ricorda gli estusiatici esordi.
Se Here is No Why esalta un ottimo momento creativo della band, la dolce Galapogos annichilisce e fa precipitare in una melensa angoscia; da ricordare anche l’ultimo singolo estratto, Thirty-Three, e quell’effetto flanger ubriaco che ne influenza e condiziona l’ascolto. Tra le meno immediate ed altisonanti ecco la crepuscolare Muzzle con classico timbro pumkiano, o le lunghe cavalcate di Thru the Eyes of Ruby nel quale l’abuso degli effetti sembra davvero una costante nelle parti più lente, tuttavia il brano sa voltare verso un corposo rock tenebroso che via via si perde in un finale lungo forse non necessario. X.Y.U. nonostante i 7 minuti mostra come i Smashing Pumpkins siano buoni rumoristi, proponendo uno pseudo-stoner baritono e selvaggio che non può lasciare indifferenti. Note di coda per Farewell and Goodnight scritta da James Iha, che a parte l’attacco da ballad ed il duetto un poco retorico, mostra le buoni doti di scrittura del chitarrista.

Ad ogni modo Mellon Collie and Infinite Sadness rimane un disco imprescindibile, il capolavoro di una carriera (anche se ad oggi alcune soluzioni contenute del precedente Siamese Dream sorprendono ancora), nonostante alcuni alti e bassi, che lo rendono ostico in alcuni passaggi ed accessibile in altri. Con azzardo si potrebbe dire che in Mellon Collie and the Infinite Sadness i pregi e i difetti si esaltano in ugual misura, ma sbugiarderemo un successo commerciale meritato e universale.
Rimane di certo il manifesto di una band tormentata, che con puntuale veggenza ne riassumerà i futuri movimenti da quelli gloriosi e brevi a quelli volutamente decadenti. Dopo questo album la spinta artistica dei Smashing Pumpkins subirà una profonda metamorfosi, voltandosi in forme completamente diverse e inaspettate, vedasi il crepuscolare Ava Adore; ad ogni modo Mellon Collie and Infinite Sadness rimane uno dei migliori di tutto un decennio, fin troppo dedicato agli adolescenti (o a quelli un po’ più cresciuti) ed ai loro tormenti interiori.

recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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2 Risposte a “Mellon Collie and the Infinite Sadness – The Smashing Pumpkins”

  1. Alla fine della recensione si parla di pregi e difetti di questo album!!!
    Come si può utilizzare la parola “difetti” per uno dei più grandi capolavori musicali degli ultimi 50 anni?!?!?!
    Concordoinvece su tutto il resto!!
    Ps: a vostro favore posso dire che la mia oggettività nel giudicare quest’album è decisamente alterata dalla mia passione per Corgan e The Smashing Pumpkins!!!!

  2. Allora sei perdonato : ) Ah, scherzo! Cmq è ammirevole leggere dei commenti sinceri … grazie ancora : )

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