Lonely Nights – Two Hicks One Cityman

Nell’accingermi ad ascoltare questo disco, ho avuto la netta impressione di trovarmi dinanzi all’esordio più interessante e fuori dal coro di questo 2017: Lonely Nights dei Two Hicks One Cityman è un lavoro rarefatto, ove la solitudine è percepibile più come condizione di vita, che come estemporaneo ed empatico passaggio di gioventù. Navighiamo tra onde sonore di un rock pulito nel cantato, con arrangiamenti curati e piuttosto lineari, che non flirtano troppo con cocktail adrenalinici o scalate di volumi o distorsioni; la contemplazione e l’assopimento d’influenza british è forse un indizio, ma nelle ballate malconiche dei Two Hicks One Cityman non vi è traccia né di istinti pop, né di chorus viziosi da malinconia tardo-estiva. I cambi di tempo ed una dinamica struggente -non prevedibile- suggeriscono piuttosto qualche debito verso il rock alternativo di casa nostra, correlato da un approccio anti-cantautorale, che conferisce a 6 ballate (+ interludio) di questo disco un’aria sofficemente snob e distaccata da tutto quello che sta -ultimamente- trasformando la musica indipendente italica in un mero esercizio radiofonico.
Lonely Nights - Two Hicks One CitymanChitarra-basso-batteria si muovono con grande disinvoltura verso un autodefinito “Soul Space Rock”, capace di rallentare i ritmi e lavorare sottotraccia con calore ed emozione, senza tuttavia risultare stucchevole o artefatto. La componente soul ed i tempi più meditati diventano dunque degli analgesici d’originalità, anche grazie ad una pungente ironia di fondo, così sottile e circoscritta da passare quasi inosservata, omaggiando in qualche modo il rock socialmente emotivo di Wilco e The National. L’apertura di Almost Had it all tuttavia s’affaccia sulle rive albioniche in quella sua andatura elegante, grazie ad un posato saliscendi di volumi che tocca il culmine in un chorus arrembate, ma piacevole all’ascolto. Con Lonely Times lo scenario cambia verso un minimalismo reso compatto per merito dei riff secchi di telecaster e di una sezione ritmica piena ed avvolgente; proseguendo con merito in Farewell to the Lone, un brano che non lascia spiragli di indecisione, manifestando una invidiabile amalgama nella stesura dei pezzi. Easily non può che confermare questa tendenza, riff acuti ma sostanzialmente rotondi, che si innalzano oltre il muro ritmico assicurato da batteria e basso.
Cerimoniosa e languida è So Lonely, altro manifesto fondamentale per comprendere lo spirito di questo disco, che non si lascia mai andare in piagnistei, ma che reagisce davvero al presente con un ghigno di disillusione tanto onesta da ritrovarsi -inconsciamente- a canticchiare il chorus già al primo ascolto. Chiude Low Man, un brano che mi ha appassionato molto, in virtù di quell’innata eleganza e leggiadria che soffia lentamente sopra i sentimenti ed i comportamenti, rivelando una verità che tutti conosciamo, che in pochi sanno interpretare in musica: un piccolo gioiello! 

Lonely Nights possiede l’arte rarefatta della profondità, dell’introspezione come stile di vita, guardando emotivamente oltre quelle notti solitarie ed insonni, senza rimpianti e senza tormenti insostenibili. Nella musica dei Two Hicks One Cityman rimane indelebile la passione e la bravura nel tessere trame sonore immediate, senza abusare con la manopola del volume, incantando tutti coloro che ascoltano la vita con la stessa disillusione di questi ragazzi! Complimenti !

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recensito da Poisonheart

 

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