Life Suits You Well, Huh? – Purple Got Me Slow Mo

Figli dell’introspezione parlata di Slint e Codeine, i giovanissimi milanesi Purple Got Me Slow Mo inaugurano una nuova stagione per quanto riguarda lo spoken-word, rispolverandolo dalla soffitta dei primi anni novanta e rimescolato con una ricerca degli arrangiamenti fine e ben curata sotto tutti gli aspetti. Il trio basso-chitarra-batteria (rispettivamente Davide Borello, Luca Moretti e Gilberto Giannacchi) si muove come un corpo unico, delineando melodie in cui il dinamismo si muove a rallentatore, in una progressione di volumi e di cambi di registro ben amalgamata e senza il vizietto del colpo d’effetto di distorsioni.
Life Suits You Well, Huh? è un esordio in long-playing maturo e ragionato, che miscela una Telecaster cristallina con trame di basso mascoline e languide, mentre le percussioni s’inerpicano in giri rapidi ed ammiccanti; sei tracce nelle quali permane una vaga malinconia, stemperata da un’energia risoluta che si concentra unicamente sulla musica e sulle evocazioni che essa può generare. I testi sono schegge di vita, pensieri-slogan camuffate da impressioni fugaci, ma talvolta è anche l’incalzare del racconto a portarsi via le melodie, che nonostante una certa libertà stilistica ritrovano sempre la via di casa. Suoni dilatati nel tempo, senza abusi di echi o modulazioni; i Purple Got Me Slow Mo rimangono idealmente nel terreno slowcore, senza che questo possa rappresentare un peso o una dichiarazione d’intenti. Se in Spiderland degli Slint, la band annunciava la fine di un’epoca (rimarcata da quella splendida cover-art by Will Oldham), in Life Suits You Well, Huh? i nostri Purple Got Me Slow Mo celebrano un presente senza nuove strade da battere, preferendo la sospensione e l’evocazione del sogno, ben rimarcato in trame melodiche che attingono dal bagaglio di influenze di ciascun membro, ottenendo così una poltiglia variegata e slegata dall’emulazione.

Life Suits You Well, Huh - Purple Got Me Slow MoOld Men from Illinois apre con un tono di voce sostenuto e spedito, mentre chitarra e basso incalzano sin da subito verso una tensione crescente che non trova sfogo definitivo, nemmeno nei frequenti fraseggi solo strumentali. Nessun picco di volume, nessuna uscita teatrale, l’indefinito viene mantenuto in un equilibrio insensibile, in un limbo pervaso da livelli e livelli di suono. L’apertura cavernosa di basso, suggerisce come Wien sia un brano tanto delicato quanto languido, eppure un piglio più pop rapisce per qualche istante l’orecchio, senza che se ne lamenti fastidio o sorpresa; la pacatezza e la parsimonia sembrano alleati invincibili per i Purple Got Me Slow Mo.
Eckbank è un brano talmente camaleontico che potrebbe appartenere al passato 90’s come al presente-futuro, un certo approccio minimale viene deviato da un cantato ispirato e declamatorio. Flogaveiki (di sigurròssiana memoria) invece evidenzia lo spessore melodico della band, pronta ad immolarsi in una sostenuta e triste suite di suoni e riff acuti, limati da un basso costante e contemplativo, toccando il climax a trequarti del brano con stilettate distorte e ruvide, prima ritornare entro i canoni iniziali: impressioni nineties! Delight sembra la continuazione naturale di Flogaveiki, toccando corde emotive più evidenti e verso un evoluzione tacitamente shoegaze (sponda Slowdive); mentre la finale Parking Lot Anatomy Teacher suona fresca e diversa da tutte le altre tracce del disco, aprendosi a sonorità pulite e ritmate, mentre il cantato diventa complice e melodico come non mai, sfiorando vertici quasi art-rock, senza tuttavia rimanerne infischiati.

Life Suits You Well, Huh? è un esordio intelligente e per nulla ruffiano, poiché se appare facile propendere per lo spoken-word, è anche vero che occorre essere delicati ed evocativi, ed in questo bel disco i Purple Got Me Slow Mo lo dimostrano senza riserve. Piacevole la personalizzazione negli arrangiamenti ed alcune soluzioni, forse azzardate per il genere, ma che sono state realizzate con semplicità ed istinto; confermando ancora una volta come la band non sia mai strettamente legata ad uno stile o ad -core particolare!

 

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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