Lemon Pigs (ep) – Ari Stead & Simone Bevacqua

Lemon PigsLemon Pigs è un progetto un po’ carbonaro, nato come libera collaborazione per sedare la fame di sperimentazione, un ludico antipasto fiero della sua natura indipendente. Simone Bevacqua (voce dei Twang recensiti su questo spazio qualche tempo fa) e il producer di origini francesi Ari Stead, si prodigano nella realizzazione di un ep dai brillanti riflessi pop, amalgamato tra visioni “soniche” ed un post-punk d’impatto, il cui accento deve concentrarsi rigorosamente sul post-.
Extended-play di 5 brani, Lemon Pigs è espressione di una dinamica coinvolgente al limite dell’effervescenza: fuorilegge nel perseverare su schemi sixties, grugniti nineties ed un entusiasmo contagioso esportato dall’indie-rock inglese degli ultimi vent’anni. Se l’ironia è colonna portante del progetto, sorprende durante l’ascolto quell’impavido rimpallarsi su temi stilistici al limite dell’anacronismo, facendo convivere -talvolta nello stesso brano- fraseggi incantati alla Byrds, alitate errebì, giochi caleidoscopici da UFO Club ed addirittura briciole di un Beck congestionato in Odelay.

Se nei Twang, l’anima bluegrass era fedele e riproposta in una forma scanzonata, in Lemon Pigs il cambio è deciso, senza tuttavia abbandonare la passione sixties. Con Ari Stead il progetto trasuda un’imprevedibilità incredibile, specie nelle tessiture dei brani; vedasi, ad esempio, gli album BRAIN (2017) o il più recente Life Still Goes On (2019) ove si mescolano in maniera inaudita il sacro ed il profano della musica.  
Arie rock ‘n’ roll aleggiano sin dall’incipit di Stand in my Way, con quel meraviglioso slide in chiaroscuro, accendendo la miccia in un ritornello che ripudia parvenze psichedeliche, per esplodere in un rock vintage compatto ed avvolgente. L’astratto bozzetto di Kid on a Roll, oscilla tra vampe wave byrniane e un rythym blues lascivo, senza rinunciare ad un vaporoso chorus pop che si rincorre in un elastico di voci quasi circolare. Quasi rifacendo il verso agli Arctic Monkeys più compassati, Awkward Situation sale verso melodie compatte, quasi noir nell’avanzare di una ritmica felina, appena spezzata dagli ottimi riff di chitarra. Il dinoccolare di Lemon Pigs on Tales sembra uscito da qualche serata alcoolica del C.B.G.B.’s, fugace, vivace, flirta con la parte post- più oscura. Sorretto da un giro sognante, avvolto da una patina di tensione e da nembi distorti che in lontananza sembrano carichi di “sonicità”, Animal chiude il disco, con un tono confidenziale, affabile, tanto da entrare nei gusti dell’ascoltatore.

Più che un’esperienza ben riuscita, Lemon Pigs è una fucina di idee incredibili che si svolge in una volenterosa ed ardente voglia di fare musica, senza confini, preconcetti, vincoli, calcoli discografici. In un mondo perfetto, Lemon Pigs sarebbe il disco di culto di questo 2020 disgraziato, in un mondo digitalizzato è un lavoro da passaparola tra amanti dell’indipendenza musicale.

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recensito da Poisonheart

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