Laguna – Intercity

Tornare dopo tre anni di silenzio con un doppio disco è certamente per i bresciani Intercity un’ottima dichiarazione d’intenti, nonché una sfida personale e -forse tra le righe- una provocazione verso l’indie italico fatto di hit estive e dischi spesso disomogenei, buoni solo per cavalcare un’onda.
Intercity LagunaIn Laguna, il quartetto scappa dal suono it-pop di Amur (2015), scegliendo grumose sonorità bordeline ad un post-punk tenebroso, oscuro a tratti e teso nelle scelte elettroniche, viscido in un drumming ipnotico ed in melodie intense e non scontante. Resistono tuttavia risacche e reminiscenze dei precedenti lavori, eppure sarebbe ingiusto parlare di un disco di transizione, poiché nei due volumi (per un totale di 22 brani) vi è non solo un’evoluzione stilistica, ma contemporaneamente un approccio coerente e concettuale. Se le concessioni pop sono normali ed accettabili (Zenith ottimo come singolo radiofonico, ma non rappresenta in toto l’album), è negli arrangiamenti e nella scelta inserire archi e talvolta fiati in un intelaiatura già collaudata, che fanno di Laguna un lavoro decisamente interessante e differente dalla ballata colma di polaroid e metafore di vita vissuta. La malinconia sottile de L’Indiano con i suoi rallentamenti quasi poetici, l’iconografia geniale della più fredda Joshua, o la magnifica decadenza dell’iniziale Notturno (per il sottoscritto il miglior pezzo di Laguna), rendono il volume uno piacevole all’ascolto, suonato con intensità e buon gusto. Ricordi mangiati da un lato trovano in Madrid o nella placida Per un pochino di spazio, la ricetta per una ballata agrodolce, lenta ma efficace, specie perché depurata di vizietti easy-pop e di accondiscendenti soluzioni radiofoniche. Solitudine e nostalgia trovano terreno fertile nelle tracce conclusive del primo disco, con Poster che trova la perfetta sintesi, senza scivolare nella commiserazione ed in una sadness in salsa indie.

Le liriche non mancano di profondità e di un grande impegno nella fase di scrittura; senza elementi definitivi che facciano scivolare Laguna in un concept impacchettato e con il fiocco (semmai una polaroid concettuale che immortala l’attimo, il presente). Il secondo disco intraprende apparentemente strade più rischiose, vedasi Sweet Panda, intersecando fiati ed ottoni in confuse trame elettro-pop: il risultato convince, nonostante non sia così immediato. Quasi mai spogli e minimali, gli Intercity rifiutano soluzioni indie-folk, a favore di una ricerca sonora che prosegue (nonostante l’intro acustico) in Scatto fisso o in Le piante di canapa, lasciando inalterata quella tensione ritmica efficace specie nei chorus. La scelta (di questi tempi forse discutibile) di uscire con un doppio anziché preferire pubblicazioni separate, non incide sulla qualità compositiva d’insieme, soprattutto perché il quartetto è abile sia a mantenere l’energia e l’entusiasmo a livelli di guardia, sia a non ripetersi in schemi già battuti in altri momenti del disco. Bella Sparta, melodicamente sfacciata Oceani, vagamente autocompiaciuta la finale Periferie, sono solo alcuni estratti di un 2 di 2 che non si trascina mai stanco, neanche dopo aver passato i 60 minuti di ascolto.

Rilasciato per Label: Dischirotti / Orso Polare, Laguna è un lavoro monumentale per struttura, liriche e melodia, capace di momenti leggiadri, intensi e poetici che talvolta scivolano via all’interno dello stesso brano. E’ il disco della svolta per gli Intercity (qualunque essa sia), poiché mostra senza indugi il diverso spessore della band ed un grado di maturità a cui l’epiteto indie-pop sta decisamente stretto, poiché ormai strettamente confinante ad un cantautorato promettente ed umile. Spetterà agli Intercity capire quale eredità (pesante?) potrà lasciare questo lavoro nella loro carriera musicale: un bel cruccio, che tuttavia molte altre band it-pop non potranno per ora avere!

Intercity facebook
Dischirotti sito ufficiale
Orso Polare Dischi facebook

recensito da Poisonheart

 

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