La Poetessa in una Campana di Vetro: Sylvia Plath

Sylvia Plath«Vidi la mia vita diramarsi davanti a me come il verde albero di fico del racconto. Dalla punta di ciascun ramo occhieggiava e ammiccava, come un bel fico maturo, un frutto meraviglioso. Un fico rappresentava un marito e dei figli e una vita domestica felice, un altro fico rappresentava la famosa poetessa, un altro la brillante accademica, un altro ancora era Esther Greenwood, direttrice di una prestigiosa rivista, un altro era l’Europa e l’Africa e il Sud America, un altro fico era Costantin, Socrate, Attila e tutta una schiera di amanti dai nomi bizzarri e dai mestieri anticonvenzionali, un altro fico era la campionessa olimpica di vela, e dietro al di sopra di questi fichi ce n’erano molti altri che non riuscivo a distinguere.
E vidi me stessa seduta sulla biforcazione dell’albero, che morivo di fame per non saper decidere quale fico cogliere. Li desideravo tutti allo stesso modo, ma sceglierne uno significava rinunciare per sempre a tutti gli altri, e mentre me ne stavo lì, incapace di decidere, i fichi incominciarono ad avvizzire e annerire, finché, uno dopo l’altro, si spiaccicarono a terra ai miei piedi»

Sylvia Plath – The Bell Jar (1963)

 


Il personaggio:
Sylvia Plath è uno dei nomi caduti nel dimenticatoio della letteratura femminile americana. Nata a Boston nel 1932, ha rappresentato, grazie alle sue poesie ed al romanzo The Bell Jar, quel rifiuto iconoclasta di mutilarsi al ruolo di donna al servizio dell’uomo, facendolo senza i soliti (e ritriti) resoconti femministi, ma tramite una sensibilità naturale ed un introspezione sofferta e lacerante. La vita e le vicende di Sylvia Plath hanno sicuramente risentito di tale approccio: dalla perdita del padre all’età di 8 anni, al tirocinio a New York presso la rivista femminle Mademoiselle, passando per numerose borse di studio e periodi di forte depressione (negli anni ’50 le fu diagnosticato un disturbo bipolare). L’incontro con il poeta Ted Hughes avvenuto a Cambridge, impresse la svolta decisiva (e fatale) nella vita di Sylvia Plath; la poetessa ritornata con Hughes a Boston, riconobbe una fiorente scena letteraria (dapprima seguendo i corsi di Robert Lowell, e successivamente facendo conoscenza di Anne Sexton, con la quale intraprese una forte amicizia) in cui modificò il suo stile a favore di una scrittura creativa e confessionale. Il matrimonio con Hughes e la nascita di due figli, rappresentarono solo fugaci momenti d’armonia, che nel giro di pochi anni furono spazzati via da un doloroso divorzio (frutto dell’infedeltà del marito) e a momenti di acuta depressione, che sfociarono nel suicidio (asfissia nel forno a gas) nel febbraio 1963, poco prima della pubblicazione di The Bell Jar.

Il lascito letterario: La poesia di Sylvia Plath è intrisa di immagini crude ma dal volto quotidiano, a cui vengono assoggettate profonde emozioni (molto spesso le proprie emozioni), in un uragano nevrotico che smaschera il buon costume e le consuetudini a lei contemporanee. Sylvia Plath è stata una  rivoluzionaria sentimentale, ha saputo tra i suoi versi ed i suoi pensieri, rovesciare le convenzioni sociali portando sopra ogni cosa il pensiero femminile, mortificando il mito della casalinga americana e curatrice della famiglia, a favore di una libertà intellettuale realmente sudata e conquistata sul campo. L’indipendenza culturale è forse il messaggio più profondo che la poetessa ha voluto comunicare, poiché non relegato da alcun status sociale; eppure il rapporto sin dall’infanzia con la morte, evolutosi poi in un lato oscuro e mai chiarito della propria personalità, ha portato nei suoi versi un carisma sinistro e deleterio, nel quale l’estrema soluzione è sembrata sempre la migliore soluzione. Questo è ben evidente in una delle sue ultime poesie, Kidness, datata 1 febbraio 1963, che si conclude inequivocabilmente così:

The blood jet is poetry,
the is no stopping it.
You hand me two children, two roses.

 

A cura de Il Gemello Cattivo
Il Gemello Cattivo heartofglass

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