La Musica è Solida. La Musica è Cultura.
Il negozio di dischi è un luogo fisico di condivisione e scambio di idee, ben prima dei social networks.
Nei negozi di dischi si sono forgiate alcune scene musicali importanti nella storia della musica, si sono incontrati -ancora adolescenti- centinaia di ragazzi e ragazze che poi hanno formato una band, magari di successo. I negozi di dischi hanno dato lavoro a molte persone, pure a molti artisti in erba, che poi hanno raggiunto la ribalta. Il negozio di dischi non è quindi solamente una interminabile serie di vinili e cds accatastati in qualche ordine.
Eppure oggi i negozi di dischi sono chiusi. Molti stanno chiudendo. Per sempre.
Dopo il recente sfogo dei titolari del Jukebox all’Idrogeno di Macerata (leggi qui l’intervista completa, che ha poi trovato spazio anche su testate nazionali), preceduta dalla petizione su change.org della Discoteca Laziale; ecco che ha preso corpo una sorta di neonato e libero movimento dei negozianti di dischi, di cui riporto il comunicato e le richieste (su tre semplici punti) indirizzate a chi amministra e governa questo nostro strano paese.
Nell’era dei social basta un click per condividere, il passaparola è importante. Ancora più importante è crederci, sensibilizzare ed attivamente fare qualcosa di concreto, per scongiurare la definitiva messa in ginocchio (preludio della scomparsa) dei negozi di dischi.
La Musica è parte integrante della Nostra Memoria, come lo è qualsiasi altra forma d’arte (anche a servizio, come oramai capita, dell’intrattenimento). Quindi sì, la musica è Cultura. Non dimentichiamocelo.
NEGOZI DI DISCHI CHIUSI… PER SEMPRE?
Incredibili “disparità di trattamento”… in piena pandemia, dopo più di un anno di restrizioni e di chiusure imposte, i dischi continuano a non essere considerati prodotti culturali, a differenza dei libri. Mentre i negozi di dischi in zona rossa sono insensatamente chiusi (piccoli negozi dove peraltro non ci sono mai stati assembramenti e si sono sempre rispettate tutte le regole di utilizzo delle mascherine, di distanziamento e di igienizzazione), le librerie e le edicole rimangono invece aperte, e addirittura importanti catene commerciali in ambito elettronico/tecnologico ma anche librario vendono liberamente dischi e cd, quando secondo il decreto sarebbero tenute a delimitare quei prodotti con il nastro e ad impedirne la vendita.
La domanda dunque è: “Forse lì ci si contagia di meno?” Si tratta insomma di un decreto fatto apposta per far chiudere definitivamente i negozi di dischi che, pur con grandi difficoltà, erano tornati ad aprire negli ultimi 10 anni? Ricordiamo che nelle “zone rosse”, tra il 2020 e il 2021, i negozi di dischi sono stati sottoposti a una chiusura forzata in alcune regioni fino a 200 giorni, oltretutto mitigata da bonus e ristori a dir poco irrisori o addirittura inesistenti, che non hanno consentito di coprire neppure una piccola parte delle numerose spese vive (affitti, utenze, spese condominiali, tasse sui rifiuti, tasse sulla pubblicità, spese bancarie etc.) che ogni attività commerciale ha costantemente a carico, indipendentemente dal fatto se sia aperta o chiusa. Va anche segnalato come praticamente quasi nessun negozio di dischi possa beneficiare del recente “decreto sostegni”, visto che raggiungere perdite di fatturato di almeno il 30% avrebbe significato non lavorare del tutto, mentre noi negozianti, nei mesi di apertura e grazie alle vendite on-line, abbiamo cercato di “tirare al massimo”, di limitare le perdite e di aumentare i fatturati giusto per cercare di pareggiare i conti. Ed ora, con le nuove restrizioni, il Governo ci impone di chiudere senza offrirci neppure un centesimo di ristoro per questa completa mancanza di attività.
Pur non essendo organizzati formalmente come associazione di categoria e pur non avendo un sindacato di riferimento, noi negozianti di dischi siamo tutti in stretto contatto e in questi mesi abbiamo portato avanti varie azioni di sensibilizzazione sul tema.
Le 3 richieste essenziali che vorremmo portare all’attenzione del Ministro della Cultura Franceschini e dei Presidenti delle Regioni (che dovrebbero essere particolarmente attenti alle piccole attività commerciali, che sono tessuto fondamentale dei Comuni, e delle Regioni) sono i seguenti:
1) chiediamo innanzitutto la possibilità di lavorare ed essere regolarmente aperti al pubblico, anche in zona rossa, così come i nostri concorrenti (librerie, edicole, catene di centri commerciali) che vendono lo stesso tipo di prodotti, ovviamente nel rispetto di tutte le norme di sicurezza.
2) richiediamo la possibilità di offrire il servizio di “asporto” per i clienti. Non riusciamo davvero a capire dove risiederebbe il pericolo nel far entrare un cliente alla volta per il tempo del ritiro di un disco, guando invece bar
ed altre attività, che sono libere di offrire ai loro clienti caffè e bevande da asporto, sono costantemente affollati, nelle immediate vicinanze, di persone che si intrattengono per molto tempo a bere e a fumare ovviamente senza mascherina, senza distanziamento e nel più completo spregio delle norme in vigore.
3) i libri beneficiano della tassazione IVA agevolata al 4%, i dischi continuano ad essere sottoposti a una gravosa tassazione IVA al 22%. Chiediamo che anche i dischi vengano elevati, come in molti Paesi esteri, al rango di prodotti culturali, e tassati al 4%. Questo consentirebbe una ripresa per tutto il settore, particolarmente “dimenticato” dalle autorità e dall’opinione pubblica.
Aderiscono a questo comunicato questi negozi di Dischi (negozi di dischi fisici e indipendenti!):
AII the Best! – Imola BO – Baroncini Filippo
Alphaville Piacenza Antonio Curtoni Paolo Rebecchi
Alta Fedeltà Cagliari – Caterina Scano
Arpa – Torino – Alberto Fiabane
Berlin Vinile – Imola – Claudio Galamini
Cari & Rari – Catania Gaetano Gulisano
Casa Della Musica – Reggio Emilia – Marco Domeniconi Carillon Lissone MB
Compact Disc la dischetteria Montebelluna TV – Lisi Bresolin
Cuordivinile Record Shop – Bra CN Maurizio Marino
De Santi Dischi – Castelfranco TV Paolo De Santi
Dischi e Dintorni – Torino – Andrea Benedetti
Disclan – Salerno Mario Maysse
Disco Story Darfo Boario Terme BS – Lina
Discorso – Sacile PN – Agnese Puiatti
Discostores Legnano MI
Discoteca Caporilli – Albano Laziale RM – Bruno Caporilli
Elastik Rock – Roma – Simona Burini
Filmusica – Valdagno – VI Stefano Branco
Il Discomane Milano Valeria Baldan
Jommi – Velletri RM – Erminio Jommi
Jukebox all’idrogeno – Macerata – Francesco Zeffiretti
Jungle Records Conegliano TV Luigi Buso
Melluso Dischi – Messina – Rizzo Carmela
Metrodora Tivoli RM – Giorgio Meloni
Mondo Musica – Novara – Rosilde Catania
Mr Musick. Nuoro Marco Ribaudo
Musica Parliamone Roma – Gianni Guarino
Muzak Cuneo – Enrico Bruna
NonSoloMusica Nuoro Alberto Flumini
Penny Lane – Novara Marco
Pagine¬e – Caltanissetta – Germano Imprescia
Pink Moon Roma – Alessandro Girlando
Ritmi Urbani Santa Maria Capua Avetere CE Anselmo Pezza De Chiara
Rock paradise Nerviano MI Mauro Pesce
Rocker Record Store Pinerolo TO Manuel Lardaruccio
Sky Stone And More Lucca
Slow Record Shop Cecina LI Alessio Cruschelli
Sottodisco Agropoli SA Garofalo Oreste
Spazio Astra Foligno PG Ilaria
The Hole Records Montebelluna TV Carlo Lilliu
Too Much Music Grottaferrata RM Madrita Petrelli
Top dischi Benevento Luigi Minicozzi
Tune Dischi Novara Silvia Bassetti
Volume 33 Music Store Monterotondo RM Tarquini Pietro
La Firma: Poisonheart
Le librerie devono vendere il libro di Bruno Vespa e compagnia cantante; non c’entra niente con la cultura; che poi se proprio un nostalgico vuole il disco fisico lo può compare benissimo da Feltrinelli, Mondadori, Mediaworld; ecc. Quindi dove è il problema?
P.S. : Sono un discaio
Io non sono un discaio, quindi posso risponderti solo da assiduo cliente dei negozi di dischi.
La protesta dei negozianti la reputo legittima, più che altro perché solleva delle problematiche irrisolte da moltissimi anni (e non parlo solo della questione dell’Iva al 4%).
C’è sicuramente una disparità di trattamento per molte attività commerciali, il comunicato ufficiale cita le librerie (e soprattutto l’azione delle grandi catene come Feltrinelli, Mondadori ecc) ma non mi pare le colpevolizzi perché sono aperte in zona rossa. Semplicemente, la questione da porre è: perché un libro è considerato cultura (e ci mancherebbe, lo è!), ed un disco è solamente intrattenimento (quindi non indispensabile)? La musica nel secolo scorso è stata veicolo di idee, movimenti, agitazioni studentesche, ed ha giocato un ruolo a volte determinante nei cambiamenti sociali dell’Occidente (e non solo, pensiamo alla canzone folk di protesta, o al punk). Quindi la musica è Cultura, ma in Italia non sembra che sia trattata come tale.
La musica su supporto fisico (che sia disco in vinile, che sia compact disc) non mi pare un affare per nostalgici; ovvio lo streaming e la portabilità hanno modificato in maniera forse decisiva le abitudini di ascolto, ma il negozio di dischi è (e soprattutto è stato) luogo di confronto e di scambio di idee (eccola di nuovo la Cultura).
A parere mio, no, non è equiparabile acquistare un disco in un Negozio o alla Feltrinelli.