La Mela e il Serpente – Giuseppe Cucè

Giuseppe CucèLa rivisitazione di certi artisti/cantautori caduti nel dimenticatoio di una memoria distratta è spesso complicata. A maggior ragione se si tratta di Luigi Tenco, anima tormentata che i più superficiali ricordano per le vicende tragiche della sua morte che per il patrimonio artistico lasciato: nessuno  come il cantautore genovese riusciva ad interpretare con tanta  lungimiranza e passione canzoni figlie di un neorealismo autentico. Una sorte amara, che avvolge un personaggio riservato e non facile da comprende, che gli amarcord RAI omettono con puntuale colpevolezza e fin troppa retorica. Quindi, qual è il filo conduttore tra Luigi Tenco e Giuseppe Cucè?
Beh, convalidare un tale legame solo per il contributo al progetto “Oltre le Nuvole – Luigi Tenco Tribute”, con  il quale il giovane cantautore siciliano omaggia Tenco, sarebbe banale e scontato per non dire offensivo. Piuttosto in Cucè e la sua chitarra acustica si riscontrano sapori nostalgici di un cantautorato maturo e sensibile, capace di esprimersi per immagini: come polaroid vanno ad immortalare attimi preziosi in musica incastonati nelle proprie canzoni. La Mela e il Serpente è un lavoro concettuale di incredibile spessore, nel quale la filosofia e la trascendenza prendono il sopravvento senza gravare su una musica celestiale e dal retrogusto antico. A coadiuvare un disco dalle liriche intense e soffici ci pensa Gabriella Grasso, cantautrice di matrice classica, con il quale firma l’ottima Offese.

La tradizione è sì rispettata, ma pure rimpinguata da una personale concezione musicale, che garantisce ai 9 brani del disco una linfa energizzante, che fiorisce in ballate dal sapore fresco e mediterraneo. Un esercizio non semplice che appaga nella sua completezza, rendendo questo lp una sorta di concept istintivo ed accessibile. Le melodie essenziali e pulite rispecchiano i propositi dell’artista, che dimostra di conoscere la musica leggera italiana e di saperne interpretare i simboli, ridisegnandoli in chiave moderna. Se vi viene in mente un paragone con Tiromancino e simili, siete stati fuorviati, poiché se la prima impressione può essere quella, nella sostanza, Cucè risulta essere più melodico e decisamente meno tedioso. La ballata di un fiore, per esempio, cela una sensibilità molto spiccata a fronte di pop trasversale che non avvilisce le liriche primaverili, suona calda ed avvolgente più dei classici “genovesi”, sempre piuttosto refrattari alle emozioni immediate. La title-track, amplifica il crepuscolo mediterraneo, insaporito dalle arie catanesi di Cucè, che veste i panni di un cantastorie disinibito ove la lotta degli opposti è portata ad estreme conseguenze grazie alle folgoranti simbologie de La Mela ed il Serpente.
Farfalle brucia come un falò a mezzanotte, tenebroso, intimo, a tratti intimorito e a tratti titubante, ma sicuramente sofferto; così come il pathos celato di Cuore o la cristallina provvidenza di La Sposa.
Chiude trionfalmente Vedrai Vedrai, riletta in maniera più corposa e appetibile da Cucè, nel quale tuttavia l’essenza di Tenco permane senza macchie.

La Mela e il Serpente è un esordio apprezzabile ed originale, un cantautore (e di questi tempi è bene sottolinearlo un paio di volte) giovane e con le idee chiare, che non fa il verso ai grandi del passato ma che prende ispirazione da loro quanto basta. Cucè sa cantare e sa ben interpretare, non solo le proprie canzoni ma pure i grandi classici: decisamente più vero ed onesto di certi sedicenti “fenomeni” dal look bizzarro, con il pallino tanto per la musica leggera quanto per i reality show … e chi ha voluto capire, ha capito …
Un plauso a Giuseppe Cucè!   

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recensito da Poisonheart

 

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